martedì 16 ottobre 2018

ANNA ROLLANDO: APPLAUDIRE CON I PIEDI... UN LIBRO DA ASCOLTARE

Ho letto il libro di Anna RollandoApplaudire con i piedi” edito dalla Graphofeel, casa editrice romana con la quale ho iniziato la mia ancora breve carriera di scrittore.
Potrei chiudere questa recensione qui, perché considerati gli anni in cui ho tentato di arrivare alla fine di un libro, leggerlo per intero è già una gran cosa. E ci ho tentato, ho comprato di tutto e iniziato a leggere di tutto (in verità, solo romanzi, ma quelli con una bella copertina, un titolo accattivamente e magari con qualche super premio in bella vista) ma la mia libreria (purtroppo) è contrassegnata da variopinti segnalibri infilati dentro storie lacrimevoli, gente depressa, oppressa e mal messa, donne alla ricerca di identità e di amori, piene di sogni spezzati malandati e ritrovati nelle pagine di Liala, uomini cattivi e altri ancor più cattivi (ma in fondo buoni) che ritrovano l’amore come i super eroi trovano i cattivi. E segnalibri dentro una fessura di una montagna rocciosa e nella tana del bianconiglio di colline affettate, ammantate, lavate e ricoperte di rifugi e pecore che neanche il nonno di Heidi possedeva. Insomma, più che una libreria sembra un arcobaleno di segnalibri infilati chi a pagina 30 chi a pagina 65 chi addirittura a pagina 100 (e questo è quello che mi ha annoiato di meno).
L’ultimo libro che avevo letto per intero era stato “La scopa del sistema” di Wallace (ma questa è un'altra storia) e adesso, anche se non è un cosiddetto romanzo, questo “Applaudire con i piedi” di Anna Rollando. (Applausi).
Credo che la conoscenza del senso estetico di Fernando Pessoa mi abbia “rovinato” le letture. Perché se è vero (ed è vero) che “scrivere è una presa di posizione fra due idee”, la maggior parte degli scrittori di oggi mette su carta la prima ideuzza che gli passa per la mente e ci ricava una storia con un lui, una lei e magari qualche altro che (malgrado gli sforzi, le sofferenze e gli occhiali da vista nuovi) non riesci ad arrivare alla fine perché già, dopo 30 pagine sai come finisce, e ti sei annoiato così tanto a leggere le disgrazie altrui che le tue sembrano gioie della vita.
Applaudire con i piedi” non è un romanzo e nemmeno un saggio, si potrebbe definire un dialogo sulla musica fra la Rollando e chi legge. Un dialogo che inizia con un “Ciao, mi chiamo Anna e suono la viola” e l’altro, con il libro in mano risponde: “Ciao, piacere di conoscerti, vediamo che hai da dire” e finisce (manco a farlo apposta) con la spiegazione di cos’è un virtuosismo, ovvero la necessità (in tempi antichi, ma anche no!) di stupire il pubblico.
Il libro, si legge in quarta di copertina, “si propone come una guida semplice per chi intende accostarsi alla musica classica” ma in realtà è una serie di domande alle quali la Rollando risponde con esempi semplici che persino un amante delle canzoni melodiche napoletane può capire. (con tutto il rispetto per i melodici napoletani e nessuno per il tizio che passa con la sua auto stereotizzata sotto la tua finestra con le casse a tutto volume e ti fa sentire il nuovo successo dell'insuccesso melodico).
Ma cos'è che spinge a non chiudere il libro della Rollando prima della fine? Manco a farlo apposta è un sostantivo femminile: la curiosità. Leggendolo, o sarebbe meglio dire, ascoltandolo, non si sa mai quali conoscenze nuove faremo nel prossimo capitolo. Conoscenze, segreti e curiosità della musica “colta” che vengono svelati e che ti fanno riascoltare Tom Waits in maniera diversa, Lakme di Delibes tutto per intero e rimettere nello stereo quel cd delle sorelle Katia e Marielle Labéque dedicato a Erik Satie che da anni non ascoltavi più.
E questo, assieme al fatto che arrivi alla fine del libro, credo sia un successo.

lunedì 27 agosto 2018

BEPPE GRILLO: PERCHE' PAGARE IL BIGLIETTO PER ASCOLTARE IL COMIZIO

#Beppe Grillo è l'unico leader politico che fa pagare il biglietto per assistere ai suoi comizi.
Mediamente, per ascoltarlo, mentre mette in mostra tutto il suo disagio sociale dovuto a decenni di emarginazione dalla TV e dai giornali, il costo è di 25 euro.

Di mestiere faceva il comico, ma visto che non faceva ridere nessuno si è costruito un blog e in associazione con Casaleggio (prima il padre, poi il figlio e in futuro il nipote) e in mancanza di altri mezzi di informazione controlla, attraverso il web, l'umore umorale degli italiani del cambiamento. 
Il web controller (come spiegato nel post precedente) potrebbe sembrare un lavoro difficile e per certi versi una manipolazione dell’informazione, ma in realtà non lo è. Si lancia in rete un argomento sul quale dibattere ed intervenire e si lascia agli utenti (dal neonato al pensionato, dal giurista al contadino, dall'incazzato al riflessivo) la libertà di esprimere la propria opinione indipendentemente dalla conoscenza in materia. 
Questa opinione verrà monitorata e registrata in un database (un profilo per ogni cittadino che liberamente decide di intervenire) così da poter conoscere i bisogni, le speranze e le aspettative che la gente ha.
Ma oltre a questi vantaggi governativi ce n’è uno anche per gli utenti, che non ha prezzo, ed è il tempo. Vi faccio un esempio pratico. 
Una volta la gente leggeva i libri e i giornali, poi si è scoperto che questi mezzi non solo erano obsoleti, ma per poter attingere informazioni da essi bisognava sprecare il doppio se non il triplo del tempo che si impiega nel leggere o commentare una notizia sul web. Non solo, dopo tutto questo spreco temporale il cittadino non riceveva niente in cambio, non poteva esprimere il proprio pensiero e tutto rimaneva nell’ambito di un monologo fra un giornalista che si era arrogato il ruolo di opinionista infallibile (chi cazzo si crede di essere questo?) e un lettore passivo che non aveva alcuna possibilità di dialogo. Perché, diciamocelo francamente, il lettore di un quotidiano è solo, senza nessuna compagnia e se un articolo non gli piace non può replicare perché l’autore del pezzo non c’è fisicamente (a volte non c’è neanche la foto di chi ha scritto).
A poco a poco, come logica conseguenza della necessità di partecipazione alla vita sociale e politica, in forza della crescente necessità di sentirsi protagonisti, spinti dall'irrefrenabile desiderio di lasciare un proprio contributo ai posteri, ricordandosi che ad ogni uomo non si possono negare i famosi 15 minuti di notorietà, e come soggetti facenti parte di una comunità, tutti, ma proprio tutti esprimeremo la nostra (anche se non richiesta) opinione sul web e libri e giornali spariranno, diventeranno roba da nostalgici e archeologi e i cittadini, finalmente, non pagheranno 25 euro per ascoltare Beppe Grillo a teatro.

giovedì 23 agosto 2018

CONFESSIONI DI UN WEB CONTROLLER (racconto breve, senza controllo)


Sono un web controller
In pratica il mio lavoro consiste nello stare seduto davanti il pc e leggere, controllare, in alcuni casi seguire i post che i cittadini inseriscono nelle piattaforme social. Alla fine della giornata segnalo al Ministro per l’informazione e dell’educazione quali sono stati quelli più seguiti e quali opinioni sono state espresse su ciò che il Ministero ha pubblicato. Siano esse positive o negative.
In sostanza funziona così.
 Il Ministero pubblica un post con una dichiarazione di uno dei ministri che fanno parte del Governo (uno qualsiasi che abbia necessità di dire qualcosa) a proposito di un fatto accaduto il giorno prima. Il mio compito, e quello dei miei colleghi, è di leggere tutte le opinioni, controllare eventuali condivisioni, memorizzare i commenti ai post condivisi e suddividere, in percentuale, i commenti positivi da quelli negativi. 
Questo lavoro permette al Governo di pianificare eventuali altri interventi sullo stesso argomento tenendo ben presente qual è l’opinione dei cittadini.
Se notiamo che l’intervento di un Ministro non sta avendo il successo preventivato e che le opinioni negative sono superiori a quelle positive, siamo autorizzati ad intervenire con uno o più dei nostri profili social creati preventivamente al fine di livellare i consensi, oppure, in casi estremi, inserire una foto con didascalia per ricordare le cose buone fatte fino a quel momento e com’era caotica la nostra società prima che il Partito dei cittadini andasse al potere.
Non di rado il nostro compito è di pubblicare qualcosa che informi il cittadino su una decisione che di lì a poco dovrà essere presa in Parlamento (in questo caso noi la chiamiamo “informazione preventiva”) ricordando allo stesso tempo come sia necessaria una nuova legge per regolamentare ciò che il Governo vorrebbe regolamentare per il bene dei cittadini e che quello precedente non ha fatto. Possibilmente mettiamo una foto di qualche esponente del vecchio Governo, una didascalia accattivante e la pubblichiamo sul social con la scritta "se la pensi come me condividi",
Inizialmente la condividiamo fra di noi, poi mettiamo in moto i nostri profili social falsi, aspettiamo la condivisione dei nostri iscritti e infine la condivisione dei cittadini. Solo da questo momento in poi, parte il controllo e inizia il mio vero lavoro.
Perché il nostro è un partito fondato sulla condivisione felice!

sabato 14 luglio 2018

E SE GLI ASPIRANTI SCRITTORI FACESSERO COME FERNANDO PESSOA?


"Tutto il mondo - scrive Erving Goffman- "non è, naturalmente un palcoscenico, ma i caratteri decisivi per cui non lo è non sono facilmente specificabili". Come a dire che tutto il mondo non è teatro, ma quella parte che non ci appare teatrale, non possiamo dire che effettivamente non lo sia. Insomma, tutti recitano fino a quando non si dimostra che qualcuno non lo faccia.
Per Goffman quindi, ogni comportamento umano ha un forte carattere di performance. Egli dice: «L'incapacità di un comune individuo di dire in anticipo quali sono i movimenti degli occhi e del corpo adatti alla parte, non significa che egli non sappia esprimersi per mezzo di questi accorgimenti in una maniera drammatica e precostituita del suo repertorio».
Per farla breve, tutti recitano meglio di quanto pensino di farlo. I dettagli delle espressioni e dei movimenti usati non provengono da un copione, ma dalla padronanza di un linguaggio, che viene esercitata di momento in momento, con scarso calcolo o premeditazione. 
La differenza quindi, tra una recitazione prettamente teatrale ed un normale comportamento di un essere vivente, sta nella consapevole intenzione dichiarata di recitare. Persino il nostro “Esserci”, può essere considerato un momento recitativo. Partire dalla quotidianità e prendere atto che l’Esserci si trova dinanzi ad una serie di possibilità non tutte realizzate, significa aver chiaro il concetto che quel che conta è poter essere. Essere-con, o meglio, essere-tra.
Per consentire all’Esserci di manifestarsi, secondo Heidegger, bisogna rivolgersi a lui nel suo modo di darsi nella sua quotidianità. E cogliere tale caratteristica, quella di poter essere, è scoprire che la sua essenza è data dall’esistenza, nel suo essere-per, nel rapportarsi a delle possibilità e nel tendere verso la propria realizzazione. Uno dei modi che abbiamo per rapportarci con gli altri, per uscire dall’anonimato che ci opprime è il linguaggio, in tutte le sue forme. Fra queste, la parola scritta, quella che molti usano quando tentano di scrivere un libro considerandolo un capolavoro a priori o un racconto o una poesia. E di libri brutti, pubblicati da piccoli editori ma anche di famosi, ce ne sono parecchi. Ma un blogger con 10 mila like vende più di un buon libro scritto da un bravo autore e anche la cultura ha bisogno del pane quotidiano.
Per essere felici e non perdere tempo, molti aspiranti scrittori (ma anche alcuni già famosi) dovrebbero prendere esempio e fare come Fernando Pessoa. Arrivare a concepire la frase perfetta e, di conseguenza, non pubblicare mai un libro. 
Il che sarebbe meglio per tutti. Ma quale anonimo scrittore rinuncerebbe mai ai 15 minuti di gloria, ai like, agli autografi e all'articolo sul giornale in nome dell'Estetica?

mercoledì 20 giugno 2018

CHI VINCERA' LA PROSSIMA EDIZIONE DEL PREMIO TOMASI DI LAMPEDUSA?


Calato il sipario sul Letterando in fest che possiamo archiviare con un giudizio estremamente positivo per numero di presenze, per la qualità dei libri presentati e degli autori, i libri adesso fanno bella mostra nelle librerie pronti per essere letti sotto l’ombrellone.

A Santa Margherita Belice c’è attesa per il vincitore del Premio Tomasi di Lampedusa. Qui il discorso si fa un po’ più serio perché il vincitore viene scelto da una giuria qualificata e perché, considerati i nomi che hanno vinto le edizioni passate, siamo sicuri che anche quest’anno sarà uno scrittore di fama internazionale. Proviamo a fare una previsione. 
Negli ultimi 5 anni hanno vinto il premio uno scrittore peruviano naturalizzato spagnolo, poi uno spagnolo, nel 2015 una scrittrice svizzera, poi uno scrittore francese e lo scorso anno Orhan Pamuk. 
Considerata la predilezione della giuria per i bei libri rilegati della Einaudi, per gli scrittori europei (dopo un inizio globale) e in particolar modo per gli scrittori latini, azzardiamo una rosa di papabili vincitori di quest’anno.
Se dovesse vincere uno scrittore che pubblica per Einaudi, ed è successo 9 volte su 14, noi azzardiamo il francese François Bégaudeau col suo romanzo “La ferita, quella vera”, se invece la giuria continua nella predilezione di uno scrittore latino e magari spagnolo, o di lingua spagnola, si potrebbe optare per “Patria” dello spagnolo Fernando Aramburu, che non pubblica per la Einaudi e non è tanto famoso in Italia però di lui ne parla bene (nella copertina del suo libro) Mario Vargas Llosa, vincitore del premio Tomasi Lampedusa nel 2013. E questo è, indubbiamente, un punto a suo favore. 
In ultima ipotesi, eliminati in blocco gli scrittori italiani e considerato che non è mai stato premiato nessun autore di lingua inglese, azzardiamo Ian McEwan con il suo romanzo “Nel guscio”.
Insomma, ci siamo divertiti a fare le previsioni con Begaudeau, Aramburu e Mc Ewan ma potevano citare tanti altri nomi, quindi non scommettete, potreste perdere. E magari alla fine vince uno scrittore italiano che non si aggiudica il premio dal 2011.



lunedì 18 giugno 2018

I LIBRI PIU' VENDUTI AL LETTERANDO E IL LETTORE DA FESTIVAL


  Facendo un breve riassunto, i primi tre libri più venduti al Letterando in fest 2018 sono stati “L'amante silenzioso” di Clara Sanchez, a seguire “Uomini senza cappotto” dell'ex sindaco Enzo Lotà ed al terzo posto la plaquette di Luciano Accomando dal titolo “Agata e Calcedonio”.
Perché i più venduti siano stati questi tre libri è facile da immaginare. 
La Sanchez vende a prescindere. La brava scrittrice spagnola presenta il suo ultimo romanzo a Sciacca nell'ambito di una manifestazione letteraria ed è normale che una folla di lettori, e anche chi non aveva mai letto niente di lei paghi 18 euro e 90 centesimi e si metta in fila per farsi fare un autografo dalla scrittrice straniera. Se poi ci scappa una foto, ancora meglio.
Poi magari il libro non lo leggerà mai, ma intanto ha l'autografo.
Al secondo posto il libro di Vincenzo Lotà
Quì il discorso più che letterario è istituzionale, insomma, il libro non si compra perché l'autore è un famoso scrittore, ma un ex sindaco molto conosciuto nel territorio. E come capita sempre in questi casi, non è bello farsi vedere alla presentazione senza il libro in mano anche se costa ben 17 euro. Poi magari si scoprirà che il libro di Lotà è un capolavoro (io credo che abbia tutti i requisiti per poter scrivere bene) e che un buon lettore l'avrebbe comprato a prescindere, ma al momento non ci è dato saperlo.
Ai posteri l'ardua sentenza.
Al terzo posto si piazza “Agata e Calcedonio” di Luciano Accomando che sfrutta tre fattori: il costo limitato della plaquette (solo 7 euro), il buon successo del precedente libro di Accomando pubblicato dalla casa editrice palermitana Leima e una bella presentazione che ha invogliato l'uditorio a comprare il racconto.
 Questa variegata classifica dimostra chiaramente che oltre al "lettore medio" esiste anche il "lettore da festival". La differenza fra i due è che quest'ultimo non lo vedrai mai dentro una libreria a comprare un nuovo libro e per rincontrarlo con un libro sottobraccio, sorridente per aver ottenuto la firma dello scrittore, dovrai aspettare il prossimo festival letterario.

lunedì 11 giugno 2018

UN FERMENTO CULTURALE TROPPO FERMENTATO


Nelle fiere, nelle manifestazioni e negli appuntamenti seriali, in alcuni casi si mettono in risalto i libri, in altri casi gli autori, in molte occasioni, nessuno dei due. E questo vale per tutte le manifestazioni di questo tipo. Soprattutto per quelle che durano settimane intere al solo scopo di fare "numero".

Ci sono momenti in cui le sale sono piene perché c’è lo scrittore famoso che presenta il suo libro che fino a quel momento ha letto solo il relatore. Questo perché (così dicono) avendo saputo in anticipo che sarebbe venuto di persona è meglio comprare il libro sul posto così ci scappa l’autografo con dedica e magari anche una foto ricordo. Capita anche che le sale siano piene perché lo scrittore “territoriale” ha tormentato per settimane intere amici e parenti tramite tutti i mezzi social conosciuti e ancora da inventare. A volte persino con velate minacce del tipo “Ti aspetto!” con un punto esclamativo che non lascia scampo. 
Riempire la sala è imperativo categorico per dimostrare di essere scrittore ben seguito non solo sui social! Se l’indomani nessuno si ricorderà di lui, se il libro non si troverà in nessuna libreria fa niente, i quindici minuti di notorietà li ha avuti.

E poi ci sono sempre i "gruppi social" su facebook di scrittori esordienti o emergenti che non emergono mai, dove pubblicare la copertina del proprio libro.

Poi ci sono quelli che scrivono perché non hanno niente di meglio da fare e siccome sono riusciti a riempire settanta pagine di seguito hanno eletto lo scritto a capolavoro da pubblicare ad ogni costo. E lo presentano, perché se hai scritto un libro e non lo presenti a nessuno, a che serve? Sono i cosiddetti scrittori accidentali.

Ma capita anche che (come dicevo prima) ci sia un sovraffollamento di scrittori e la gente, malgrado le minacce non sappia dove andare. 

Prendiamo Sciacca. Fatti i conti (approssimativamente per difetto) negli ultimi anni (fra romanzi, poesie e saggi) hanno pubblicato almeno un libro ben 34 (trentaquattro) scrittori diversi. Insomma ci sono più scrittori che medici all’ospedale. Questa situazione, in gergo, si chiama "fermento culturale". 
E vale anche per i paesi vicini.

E poi capita, a volte che, in mezzo a questa folla di intellettuali, scrittori, poeti, saggisti, alla presentazione di un libro che meriterebbe l’attenzione del pubblico ci siano poche persone, una decina al massimo. 

Questo accade in due occasioni. Quando l’autore non è territoriale e quando non è famoso. In questi due casi se ne ritornerà mestamente a casa col suo pacco di libri invenduti perché (in molti casi) non ha un editore che lo supporta adeguatamente e non fa parte del fermento culturale del territorio.
Insomma, fermentato malamente. 

A loro va la mia ammirazione e solidarietà. E allora, mi raccomando, seguite gli scrittori meritevoli di incoraggiamento, supportateli. 
Per gli altri le sale si riempiono a prescindere.

mercoledì 23 maggio 2018

GOVERNO DEL CAMBIAMENTO O GOVERNO DEL TRADIMENTO?



Più che un governo del "cambiamento" a me sembra un governo del "tradimento" in cui due soggetti (Di Maio e Salvini) pur di governare tradiscono le loro idee e gli elettori.
La Lega che NON "vince" le elezioni ma è il partito più votato della coalizione del centrodestra tradisce i propri elettori e la coalizione e si allea con un movimento che fino al 3 marzo era “pericoloso” e composto da una massa di “ignoranti”.
I grillini, (che NON hanno vinto le elezioni) e che ci hanno atturrato la minchia per anni con lo slogan "mandiamoli tutti a casa", che si sono presentati con un comico in disgrazia, un Vaffa e un simbolo scopiazzato dalla locandina del film “V per vendetta”, (peraltro tratto da un fumetto di Alan Moore) si alleano con una forza di Governo di destra (perché la Lega al governo c'è stata) tradendo anni e anni di promesse e idee sventolate come panni stesi al sole in campagna elettorale.
I neo pentaleghisti che per due mesi ci hanno ammorbato con la storia del governo votato dagli italiani, accusando i passati governi tecnici di non capirci una minchia di politica, al primo giro di poltrone propongono un premier NON VOTATO da nessuno (un tecnico) con un curriculum taroccato che potrebbe essere un buon soggetto per uno spettacolo teatrale di Beppe Grillo.
Ora, tutto questo non mi sorprende, perché di storie simili, nella storia della Repubblica italiana ce ne sono state a bizzeffe e i soggetti politici interessati sono stati soprannominati con vari e variopinti aggettivi: da voltagabbana a traditore, da venduto a attaccato alla poltrona fino al miserabile e morto di fame.
No, tutto questo volteggiare di slogan populisti, di cambi di direzione, di bandiere al vento non mi sorprende. Quello che mi sorprende e che mi fa paura (lo ammetto) è la difesa a spada tratta dei grillini, per qualsiasi decisione venga presa dal triunvirato Casaleggio/Grillo/DiMaio in nome e per conto di un “cambiamento” che per adesso è visibile SOLO nel programma elettorale del Movimento 5 stelle, i quali da “puri e senza alleati” (corriamo da soli) sono passati, in movimento perenne, a vera e propria forza di governo (prima ancora di governare) con tanto di esperienza da voltagabbana sulle spalle. 
E però, basta che Di Maio faccia un sorrisino e Grillo scriva le sue riflessioni sul blog e va tutto bene, anche una alleanza con la Lega e magari un ministro di Fratelli D'Italia (se la Meloni non li avesse mandati affanculo).
Ecco, non mi fa paura Di Maio, mi fanno paura i grillini. 
Più di un esercito di zombie con la V tatuata sulla maglietta.

lunedì 7 maggio 2018

COUP DE FOUDRE: LA DIFFICILE VITA DI UN DIRETTORE EDITORIALE


La creazione di una “collana editoriale” di racconti è stata una sfida non solo per me in veste di Direttore Editoriale, ma per gli autori invitati a cimentarsi nella difficile arte della scrittura rimanendo nei limiti delle diecimila battute spazi inclusi. 
Sono stati proprio questi ultimi a creare i maggiori problemi, perché lo spazio, da sempre, inopinatamente considerato vuoto, non viene mai preso in seria considerazione. Con una serie di aggiustamenti, di tagli dolorosi e di una rinnovata analisi del testo, anche lo spazio acquista il suo reale valore e si insinua fra le parole concorrendo alla somma totale della storia.
L'abbiamo chiamata “coup de foudre” perché i racconti pubblicati devono suscitare nel lettore, lo stesso effetto di un innamoramento a prima vista, colpire subito, colpire al cuore.
La pubblicazione del primo racconto e la relativa presentazione in pubblico ha dimostrato che la formula è quella giusta: racconti brevi, veloci, che non annoiano il lettore. 
La imminente pubblicazione di altri autori (alcuni alla prima esperienza editoriale) e le richieste di inserimento che arrivano all'editore ed al sottoscritto, ci confermano che c'è un popolo di scrittori che vuol farsi conoscere, di autori che vogliono uscire dall'anonimato letterario e che la cultura low cost (il costo di ogni racconto è di sette euro) avvicina al libro anche chi di libri non ne compra tanti.
Epperò, il ruolo di Direttore Editoriale pone alcuni limiti invalicabili. 
Uno di questi è la scelta dei racconti da pubblicare e gli inviti da formulare ad autori e scrittori già affermati o completamente sconosciuti al grande pubblico delle presentazioni letterarie.
Questo comporta delle esclusioni, non per cattiveria, ma allo scopo di mantenere la collana di racconti in uno standard alto di storie da raccontare e proporre. 
Nella collana “coup de foudre” non troverete mai, ad esempio, bloggheristi che dopo aver passato la propria adolescenza su internet si vedono pubblicate le loro storie perché hanno raccolto migliaia di follower, e non troverete mai autori che dopo aver scritto 50 pagine di seguito infilandoci dentro maghi, maghetti, mostri e dolorosi addii, hanno pensato di essere diventati scrittori e si sono auto pubblicati il libro su una piattaforma diventando in un sol tempo, scrittori, correttori di bozze, critici letterari e novelli Pirandello. 
Troverete solo autori che hanno dentro il sacro fuoco della scrittura, senza per questo andare in giro col biglietto da visita con su scritto “scrittore fenomenale”.
Troverete solo autori che hanno tanta voglia di scrivere e di raccontare una storia sperando di cogliere nel lettore quel colpo di fulmine che a leggere certi libri, pubblicati anche da grandi case editrici, manca da tempo immemorabile!
Almeno questo, è quello che tento di fare in questa veste di Direttore Editoriale.


venerdì 23 marzo 2018

I VASI COMUNICANTI DI COSIMO BARNA ESISTONO DA DECENNI


La mostra 'Vasi Comunicanti' sarà inaugurata sabato, 24 Marzo alle ore 18,30 nella Galleria D'Arte Contemporanea 'Santo Vassallo' nel complesso monumentale Filippo Corridoni a Mazara del Vallo
L'esposizione nasce grazie alla collaborazione di 20 artisti ceramisti, e vuole essere un omaggio a Cosimo Barna, artista universale recentemente scomparso che, fra le altre cose, ha voluto la nascita del gruppo artistico Sciamart, dal quale la mostra prende spunto. La prima esposizione collettiva del gruppo avvenne, sempre a Mazara del vallo, nel mese di Luglio del 2013.

Ho conosciuto Cosimo quando avevo sei anni e quando cominciò a dipingere i suoi primi lavori, nella sua casa di Rione Fratelli Bandiera me li faceva vedere chiedendomi un parere. Ricordo che entrando nella casa dei suoi genitori c’erano quadri appesi dappertutto. 
Poi Cosimo Barna ed io prendemmo due strade diverse mantenendo sempre contatti fatti da una amicizia che durava nel tempo.

Nel 2005 mio zio, Nino Soldano, famoso gallerista in quel di Milano, propose al Sindaco di Gibellina Vito Bonanno una scultura da inserire nell’arredo urbano della cittadina –museo, (dove già esistono opere di grandi maestri scultori e pittori come Fausto Melotti, Pietro Consagra, Arnaldo Pomodoro, Albero Burri, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Giulio Turcato) e curò la personale di opere su tela che si tenne al Museo d’Arte Contemporanea di Gibellina

Nel catalogo della mostra Domenico Catagnano scrisse: “ecco allora perché “Mediterraneo” rappresenta contemporaneamente un approdo, quindi un punto d’arrivo, ma anche una partenza in quanto il Mediterraneo è mare aperto”. 
Dal canto mio, contattato da “Casa & Giardino” rivista di arredamento, scrissi che quelle alici “sono viaggiatori dentro un foglio di mare...” una frase che piacque molto a Cosimo.

Non voglio ripercorrere la storia di Cosimo Barna artista e di quanto Sciacca, malgrado una bellissima mostra personale del 2008 dal titolo “Avanti e attraverso” gli deve, perché è notorio, che in casi sporadici le politiche culturali di questa città sono state assenti, o se vogliamo essere buoni, distratte, perché ci vorrebbero pagine intere. Ma una cosa è sicura: i vasi comunicanti di Cosimo Barna esistono da decenni perché in lui era innata la voglia di comunicare e collaborare.

La cosa bella è che a Mazara saranno esposti, oltre ad alcune opere di Cosimo Barna, anche lavori di Vincenzo Crapanzano, Stiefnu De Battista, Francesca De Santi, Salvatore Catanzaro, Giovanna De Santi, Emmanuele Lombardo, Tania Lombardo, Eugenio Sclafani, Antonio Fiocco, Filippo Fratantoni, Hajto, Sebastiano Lupica, Deborah Zarb Marmara, Roberto Masullo, Enrico Meo, George Muscat, Maria Teresa Oliva, Nicolò Rizzo, Salvatore Sabella e Filadelfo Todaro, mentre a Sciacca si dorme cullandosi nella routine quotidiana.
Spero solo che all’inaugurazione ci sia un cartoccino con ricotta e un caffè.

mercoledì 21 febbraio 2018

L'AVVELENAMENTO DEI CANI HA AVVELENATO ANCHE IL WEB

L’avvelenamento dei cani randagi in contrada Muciare doveva e poteva essere un momento di seria riflessione fra associazioni, amministrazione e cittadini sul problema atavico del randagismo a Sciacca e in Sicilia e sulle misure da adottare affinché sessanta cani non si riunissero in una località dove insistono uffici di una società, una fabbrica di mattoni, case adibite a civile abitazione e accesso alla spiaggia di Muciare con relativo sbocco di acqua termale. 
Senza contare il nascente Museo del mare.
Doveva essere un momento di confronto e capire come risolvere il problema e poteva trovare tutti d’accordo nel condannare una strage di animali perpetrata da un singolo o da alcuni. E quando dico tutti d’accordo ci infilo anche chi ha paura dei cani (perché esistono pure queste persone) o chi è stato morso mentre faceva jogging, chi è caduto dal motorino perché inseguito da randagi ed è finito all’ospedale (ci sono pure questi) e chi non si recava più a raccogliere sassi a Muciare o fare una passeggiata in spiaggia (vedi anche contrada Foggia) per paura di essere attaccato (e ci sono pure questi).

 Invece, quasi subito, alla prima foto pubblicata sul web, la notizia si è trasformata in una specie di guerra di religione. La società civile contro i barbari assassini di cani indifesi, un esercito di crociati provenienti da tutta Italia che si sono scagliati contro il feroce e infedele Ṣalāḥ ad-Dīn.
Non si è andati alla ricerca del singolo individuo, ma si è preferito sparare nel mucchio, buttare bocconi avvelenati sul web cercando di colpire più persone possibili.

Il capo barbaro, il novello Vercingetorige colpevole della mattanza è stato, in ordine di intervento degli animalisti e con la benedizione di stiliste, politici e presentatrici TV,  l’assessore Paolo Mandracchia, il sindaco Francesca Valenti (alla quale l’esercito di crociati canini che si è messo in moto ha augurato le peggio cose e con tutti i mezzi disponibili), e per finire, il popolo di Sciacca che, essendo popolo barbaro è colpevole tanto quanto il capo. Una razza da sterminare, una città da radere al suolo. Una nuova crociata da portare avanti!
Il risultato è stato un susseguirsi di improperi, accuse, maledizioni, minacce al limite del dicibile e del linguaggio intimidatorio e mafioso verso tutto e tutti, catastrofi naturali e non, auguri di morire subito, senza messa e in ogni modo possibile, (compresa la flagellazione, l’avvelenamento, l’inondazione e il terremoto) accuse  lanciate come anatemi papali dai novelli crociati integralisti canini ad indirizzo della barbara popolazione sicula e sciacchitana in particolare.

E così, la solidarietà e la pietà verso quei poveri cani morti avvelenati è durata dieci  minuti. Il tempo esatto della prima “potessi morire avvelenata coi tuoi figli”, apparsa sui social e si è frantumata al primo manifesto di sedicenti amanti degli animali che come squadristi fascisti minacciavano tutto e tutti. Perché ad un certo punto (si arriva ad un limite per tutto) il popolo si è rotto la minchia di prenderle senza motivo e senza colpa!

Peccato! Doveva essere un’occasione per unire ed invece è servito solo a mettere in mostra il lato oscuro, velenoso e becero non solo di chi ha commesso l’atto ma anche di chi è convinto che tutti devono avere le stesse idee (fanno così anche gli integralisti islamici) ed ha inveito, o sarebbe meglio dire ringhiato indiscriminatamente, contro una città e un popolo che a cultura, storia e accoglienza può dare lezioni a molti.

L’ultimo atto, speriamo, sarà domenica. L’esercito di integralisti, pronto alla guerra, sbarcherà a Sciacca e cantando “Barbaro traditor” attaccherà le mura della città con i propri soldati armati di sacchetti e paletta per raccogliere eventuali defecazioni canine e si recherà in piazza Angelo Scandaliato (dedicata ad un eroe saccense Medaglia d’oro al valor militare) per far capire ai barbari locali assassini e senza cuore come si trattano gli animali e ricordare quali immani tragedie potranno colpire il popolo reo del barbaro assassinio.

Vedremo se ci saranno sopravvissuti

martedì 16 gennaio 2018

FENOMENOLOGIA DI CANNAVACCIUOLO

Qual è, oggi, il personaggio televisivo più famoso? Quello che ogni cinque minuti lo vedi in tutte le salse sul piccolo schermo, sia che conduca un programma o infilato in uno spot pubblicitario? Non è una popstar e neanche un calciatore o un presentatore e neppure un comico, è Antonino Cannavacciuolo, di professione cuoco (o meglio, chef). 
Un omone grande e grosso che supera il metro e novanta, di corporatura più che robusta, con un po' di "panza" e che, amorevolmente, da delle pacche sulle spalle che il malcapitato non accappotta per amore della diretta TV.

Lo trovi ovunque, e non perché è stato premiato con due stelle Michelin ed ha pure tre forchette Gambero Rosso, tre cappelli de L'Espresso ed ha scritto tre libri di cucina, ma per il semplice fatto che, pur essendo un energumeno con barba (che al solo vederlo dovrebbe incutere timore) uno di quelli che negli spot ti tira in faccia un coltello da macellaio, ispira simpatia. 
Non come Carlo Cracco (lui, anche con la barba terrorizza i concorrenti del Masterchef).
 Cannavacciuolo è un gigante buono e piace a tutte le età, a grandi e piccini, mamme e papà, nonni e nonne. Piace pure quando fa le "cazziate". 
Perché? Secondo il mio parere il fenomeno è da associare ai ricordi della nostra infanzia o giovinezza.
Per alcuni (i più anziani) ricorda il Gigante amico della pubblicità della Ferrero nei mitici "Carosello". Per intenderci quello che rimediava alle malefatte di Jo Condor. Poi i bambini in coro cantavano "gigante pensaci tu" ed arrivava sto gigante con barba e baffi che con due dita prendeva il malefico Jo Condor per il cappello e lo scaraventava giù. E tutti contenti! 

Ai più giovani, quelli che non hanno vissuto l'epoca di Carosello (termine ultimo prima di mettersi a letto) ricorda il mitico Bud Spencer e le risate che ci facevamo al cinema quando prendeva a pugni in testa una combriccola di banditi. Cannavacciuolo, bontà sua, da solo una pacca sulla spalla, ma lo fa con amore. Oserei dire per "riflesso incondizionato"!

Grazie Antonino per avermi fatto ritornare ai tempi della mia infanzia, quando il cattivo non era un mago o un licantropo, un cyber robot o un mega pazzo da eliminare, ma uno stralunato Jo Condor con occhiali, mirino sul naso e sdraio da mare per riposarsi. 
Mi manca qualcuno che prenda il posto di Caballero alla ricerca di Carmencita e poi sono a posto.