lunedì 10 luglio 2017

UNA BELLA RECENSIONE SUL BLOG "Fimminachelegge"

Giuseppina Martorana ha dieci anni, la stessa età della nipote Rosalia, quando in contrada Santa Barbara, nella città siciliana di Cefalù scopre la verità su quell’edificio tanto chiacchierato, noto con il nome l’abbazia di Thelema.
Per tutti, quel vecchio rudere abbandonato con le mura bianche e  quella scritta all’ingresso – fa ciò che vuoi sarà la tua legge – altro non è che un covo funesto dove si consumano orge e riti satanici.
La casa, in un primo momento, di proprietà del barone Carlo La Calce, era stata affittata alla contessa Leah Harcourt e ad un uomo, un certo sir Alastor de Kerval che si scopre, solo dopo, essere il nome fittizio di Edward Alexander Crowley, meglio conosciuto come la Bestia 666.
Crowley  personaggio ambiguo e controverso, realmente esistito nei primi anni del Novecento, è stato considerato il fondatore del moderno occultismo. Le cronache lo ricordano come un uomo di vasta cultura, fonte di ispirazione del satanismo e creatore di una religione magica o sessuale chiamata Magick. Durante il suo soggiorno a Cefalù si era guadagnato l’appellativo di uomo perverso che incuteva paura alla gente. 
In quell’innominato luogo e dei fatti realmente accaduti, tutt’oggi scomodi e volutamente sottaciuti dagli abitanti del posto, si diceva che avvenissero cerimonie e baccanali  demoniaci.
Le donne che frequentavano l’abbazia, rigorosamente bionde o rosse, erano le concubine del diavolo e, insieme a Crowley,  consumavano orge e sortilegi che producevano un fluido maligno che si ripercuoteva per tutta Cefalù.
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I carabinieri, nell’aprile del 1923, erano arrivati in paese con un mandato firmato di pugno da Benito Mussolini che dava l’ordine di espulsione ai mercanti da quel tempio maledetto con l’accusa di spionaggio, maltrattamento e oltraggio al pudore. Tra i curiosi, accorsi a verificare se ciò che si diceva su quel posto fosse vero, vi  era anche Giuseppina Martorana, una ragazzina dell’età di dieci anni che voleva saperne di più su quell’uomo e quella casa.
“La maledizione dell’abbazia di Thelema” terzo romanzo del giornalista Accursio Soldano (Leucotea editore, pag, 143) però, non è solo questo: vi è una donna, un funerale, un’abbazia, una maledizione. Un tavolo da gioco e tanti segreti.
La Sicilia descritta è quella verghiana: superstiziosa e devota in un unico credo di sacro e pagano.  E’ la terra dei vinti, in cui la religione non fa miracoli e la gente muore sola o povera.
<< Ci sono padri che meritano di morire e quando arriva la loro ora si ritrovano i figli accanto al letto di morte e altri che fanno tutto per il bene dei figli e muoiono senza nessuno accanto.>>
Quando Giuseppina Martorana passa a miglior vita, ha 90 anni. Al suo capezzale, come solitamente accade durante i funerali siciliani, si precipitano parenti, amici, conoscenti, curiosi e vicini di casa. C’è chi piange, chi commenta con sorpresa l’accaduto, chi crede sia tutta colpa dell’influsso negativo proveniente dall’abbazia. E c’è, invece, chi in quell’occasione, trova terreno fertile per elargire battute impregnate di perfidia:
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Quando decide mettere fine al suo lavoro di fattucchiera e all’arte tarocchi, Giuseppina Martorana lo fa perché non è stata in grado di prevedere la sua rovinosa caduta, uno scivolone che era diventato il preludio di una morte lenta ed annunciata.  Trasforma così la targa di legno che attestava la sua capacità nell’arte divinatoria, in  un tavolo da gioco: Ogni uomo e ogni donna è una stella – così recitava la targa.
La sera, attorno a quel tavolo in casa Martorana, siedono  don Michele Mistretta detto  u fiurinuNina e Brigida Montalbano. E tutti, in quella stanza, hanno qualcosa da confessare; qualcosa di oscuro che nessuno in paese ha mai saputo: omicidi, impiccagioni, prostituzione.
La loro vita, proprio come in una partita a briscola, ha mescolato le carte. E’ stata giocata e nessuno di loro aveva mai saputo in anticipo quando sarebbe arrivata la mano vincente, neppure Giuseppina che aveva imparato a predire il futuro. Durante quelle partite, qualcosa scatta nella mente dei presenti: la necessità di confessare i loro peccati.
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Nina e Brigida le due sorelle, zitelle e acide hanno un nero segreto che in paese nessuno conosce perché l’immagine che la gente ha delle due povere donne è quello delle illibate ricamatrici, rimaste orfane troppo presto.
Michele Mistretta, il dandy, giunto a Cefalù con il suo carico di bellezza e boria, si era rinchiuso nella sua villa d’oro, ma piuttosto che vivere una vita di agi e frivolezze, si era ritrovato a piangere solitario come un bambino, ridotto a guardare spettacoli teatrali in solitudine  e ad avere sogni da buttare nel cesso: una vita da non ricordare.
Anche Giuseppina Martorana, mala fimmina caparbia e furba, per anni ha tenuto sotto chiave la sua verità. Chi era quella donna ritornata a Cefalù dalla Francia, con un figlio a carico,  la storia un marito defunto in guerra e l’arte di leggere l’oracolo cinese? Nessuno sapeva cosa aveva realmente fatto in tutti questi anni lontano dalla Sicilia.
Giuseppina Martorana ha una sensualità ammaliante. La sua esuberanza, peccaminosa e perturbante, disturba  le donne del paese. Ha un atteggiamento biasimevole. Per tutti è la fattucchiera di Cefalù che oltraggia i valori e distrugge i tabù, attirandosi gli sguardi e le maldicenze delle comari pettegole.
Nel romanzo, Giuseppina Martorana è una costruzione letteraria molto affascinante. Ha una concupiscenza tramata e misteriosa che non si piega ad un fatto meramente fisico, quanto ad uno spirituale e carismatico. La sua forza attraente riesce a bilanciare quella malefica di Crowley e ricorda, lontanamente, la lupa di Verga…
E’ la Sicilia dei vinti. La lotta per la sopravvivenza che induce i protagonisti a commettere azioni che li renderanno colpevoli, ma ingiudicati. Sfuggiti alla legge per fortuiti casi del destino, i personaggi raccontati da Soldano, hanno tutti un potenziale inespresso o incapace di essere sfruttato.
Sconfitti, delusi, solitari con una bellezza tutta verghiana.
La narrazione procede secondo un modo ondulatorio, per analessi, avanti e indietro nel tempo, regalando al lettore dei flashback che fanno luce sulla vita di alcuni personaggi chiave del romanzo.
Il 13 ricorre spesso nella narrazione e, conoscendo i vezzi di questo autore, dobbiamo creder che ci sia una relazione tra il numero scelto e il suo significato cabalistico. Stesso accorgimento anche per la scelta del venerdì come giorno in cui muore la protagonista Giuseppina.
Secondo le credenze popolari, infatti il  “venerino” – nato di venerdì – riesce a prevedere il futuro e gli spiriti maligni non hanno nessuna influenza su di lui. Chi nasce di venerdì può tranquillamente abitare in una casa invasa dagli spiriti, senza che venga da questi disturbato.
Le leggende raccontano che le donne di Palermo ogni venerdì si recavano alla chiesa delle Anime dei corpi decollati, dopo aver offerto il loro rosario, si avvicinavano alle lapidi dei loro defunti per sentire se ciò che esse desideravano venisse loro concesso.
Per gli esoterici, il 13 rappresenta il principio dell’ineluttabilità del cambiamento, il significato di questo concetto, è un monito a non aggrapparsi a ciò che non sostiene più l’evoluzione… i vinti. La morte, in attesa di riscatto e di rinascita.
“La maledizione dell’abbazia di Thelema” è romanzo di male fimmine, sortilegi, superstizioni e fatti di cronaca realmente accaduti, mischiati in un potpourri ben riuscito. Una libro affascinante che stregherà religiosi e miscredenti.
https://fimminachelegge.wordpress.com/2017/07/10/la-maledizione-dellabbazia-di-thelema-di-accursio-soldano-la-satanismo-di-crowley-la-sicilia-di-verga-i-vinti-la-lupa/