venerdì 24 novembre 2017

I ROMANZI DELL'APPARENZA E IL VIAGGIO DI ALBERTO CAEIRO

ACCURSIO SOLDANO
La pubblicazione di un libro, per uno scrittore, è sempre una bella cosa, vuol dire che un editore ha deciso di spendere i suoi soldi ed il suo tempo su un lavoro fatto da altri. (il mio, in questo caso!).
Devo dire che sono stato fortunato, perché sin dal primo romanzo (Il venditore di attimi), eliminando a priori le case editrici a pagamento, quelle che offrono editing e chissà quanti passaggi televisivi e su quotidiani più o meno conosciuti, ho trovato editori (anche se con qualche problema di diffusione a livello nazionale) che hanno creduto in me.
Il primo romanzo è stato molto fortunato, perché
dopo alcuni mesi dall'uscita mi hanno chiamato da Roma chiedendomi se potevano farne una riduzione teatrale. Mariella Gravinese, attrice bravissima che all'epoca non conoscevo mi propose l'idea ed io accettai.
L'atto unico "Il venditore di attimi" tratto dal mio romanzo fu messo in scena al Fringe Festival di Roma.
MARIANO DEIDDA
Forte di questo successo venne "Aspettando Mr. Wolf". Il titolo che avevo pensato per quel romanzo era "Anche Mosè era un uomo d'onore" e secondo il mio parere era molto più adatto al genere di storia raccontata. Dove tutto si giocava sulla "apparenza", sull'essere qualcuno all'esterno, agli occhi degli altri ma in realtà nascondere la propria vera essenza. Ma a quanto pare, su consiglio di chi seguiva l'ufficio stampa dell'editore, il titolo fu bocciato perché, mi dissero, avrebbe suscitato reazioni da parte della comunità ebraica e cose simili. Quindi optai per "Aspettando Mr. Wolf" parafrasando la famosa commedia "Aspettando Godot". Anche quel romanzo ebbe un buon successo, ma se lo ristampassero oggi con il titolo originale avrebbe miglior fortuna.
Il terzo romanzo (il secondo sul filone dell'apparire) è "La maledizione dell'abbazia di Thelema". Anche qui, come in "Il venditore di attimi" personaggi realmente esistiti (Aleister Crowley) sono infilati in storie completamente inventate, amplificate da ricordi e situazioni non chiare (all'inizio) per poi assumere una veste verosimile se non veritiera. Il romanzo è sicuramente un inno al "quello che sono veramente non lo saprai mai".
E poi c'è questo nuovo "A viagem a Sicilia de Alberto Caeiro" che chiude il trittico dedicato all'apparire. Un romanzo che ha interessato editori portoghesi mentre (almeno fino ad oggi) non è stato preso in considerazione da alcuni (quattro) editori italiani. Ma prima o poi vedremo in libreria l'edizione italiana.
Pubblicato in Portogallo dall'editore Ler Devagar mi ha permesso di varcare i confini italiani della letteratura e di essere uno dei pochi scrittori siciliani pubblicati all'estero. Il che mi rende orgoglioso del mio lavoro. Vuol dire che, in fondo, non scrivo storie banali.
Per parlare di Alberto Caeiro senza urtare la sensibilità dei portoghesi potevo chiedere consigli solo a due persone: Mariano Deidda, sicuramente uno dei pochi autori italiani (musicista in questo caso) che può vantarsi di essere uno studioso di Fernando Pessoa e Antonio Tabucchi.
Deidda lo avevo conosciuto anni prima, in occasione dell'uscita di un suo Cd in cui metteva in musica le poesie di Pessoa quindi andavo sul sicuro e poi, inutile dirlo, per ovvi motivi non potevo chiedere nulla a Tabucchi.
Non volevo che Caeiro viaggiasse da solo in Sicilia (non sarebbe stato verosimile e poi ci sono troppi invidiosi in giro) volevo qualcuno che lo accompagnasse, che conoscesse sia Fernando Pessoa che la Sicilia e Deidda era perfetto!
Il viaggio di Caeiro parte da Lisbona ed io mi auguro che sia lungo e bellissimo!

domenica 19 novembre 2017

ELOGIO DEL RUTTINO... E DELLA BUONA CREANZA

Vi è mai capitato di fare un ruttino, anche piccolo, magari seduti in pizzeria dopo aver ingoiato un pezzo di pizza margherita accompagnata da un sorso di coca cola ghiacciata frizzante? 
E ricordate la vostra faccia, a metà strada fra il divertito e il colpevole mentre gli occhi vanno avanti, indietro, a destra ed a sinistra per vedere (stando ben nascosti) chi l’ha sentito e quale reazione ha avuto a quel suono non proprio, come dire, di buona educazione emesso senza nessuna autorizzazione da parte vostra? Una specie di suono incondizionato come un riflesso non controllabile che vorreste non avesse nessuna immagine da associare. 
Tanto meno la vostra faccia!
E però è strano! Perché se quel ruttino proveniente da quel tavolo in fondo alla sala, quel suono sgradevole che qualsiasi decalogo, catalogo, libro di galateo e persino il Trattato dei Costumi di Monsignor Della Casa condanna senza appello l’avesse emesso un neonato sistemato comodamente nella sua carrozzella, nessuna avrebbe avuto niente da ridire, anzi, sarebbe stato accolto con un applauso da parte degli astanti e sorrisi di compiacimento per l’avvenuta buona digestione del neonato. Parrebbe che il ruttino liberatorio vada bene fino ad una certa età, poi diventa qualcosa di improponibile. 
Un uomo adulto deve contenersi, stringere la pancia, mettere la mano in bocca e in ultima analisi rifugiarsi sotto il tavolo sperando che lo stesso non faccia da eco.
E allora risulta chiaro che è arrivato il momento di eliminare questo cattivo uso del Bon Ton. 
Ed è quello che, divertentissimamente (si può dire?) fa Laura Bonelli nel suo “Elogio del ruttino” pubblicato dalla Babbomorto editore. Un testo snello, veloce, divertente, una sorta di trattato filosofico sulla non buona creanza che, se posso fare un paragone, ricorda le brevi performance del comico Paolo Rossi nel pieno della forma (sia mentale che intestinale). Una Bonelli in piena forma!
Il solo problema (se così si può definire) è che (ma questo fa della casa editrice di Antonio Castronuovo un esempio unico nel panorama letterario italiano di massa) il pamphlet è stato stampato in sole 107 copie. 
Quindi bisogna proprio essere fortunati ad averne uno nella propria biblioteca. 
Ma potete sempre chiedere all’autrice!