lunedì 28 dicembre 2015

LE CICATRICI DI SAL CAT E IL DOLORE DI GEORG TRAKL

Ho visto i lavori di Sal Cat che sono esposti da alcuni giorni nel Centro d’arte Temporaneo che si trova in piazzetta Purgatorio. 
Scrivo “lavori” perché credo che il termine “opere” sia troppo abusato. Ormai tutti fanno “opere” come se la loro produzione (artistica, musicale, teatrale, poetica) meriterebbe di essere tramandata ai posteri; io non lo credo, anzi, molte volte mi sono chiesto chi ha convinto o quale strano meccanismo sia scattato nella mente di certi soggetti affinché mettessero in pubblico le loro “opere”. 
E siccome per questi ho uno spontaneo rigetto, scrivendo di Sal Cat parlerò di “lavori”.
La mostra si chiama “cicatrici”. Non voglio tediare chi leggerà questo articolo con lo spiegare quale significato possa avere questo termine, ma chiarire perché trovo interessanti i lavori di Catanzaro. Non tanto per l’uso di vari materiali (questo lo abbiamo visto in tanti altri lavori) non tanto per l’uso dei colori che già di per sé potrebbero essere il tratto distintivo di un artista né tanto meno per l’uso dei chiodi a “segnare” le cicatrici sulla tela, ma per l’Idea stessa di rappresentare la separazione, la distanza o l’unione, con un oggetto (il chiodo) che nell’immaginario collettivo rappresenta qualcosa di doloroso (i chiodi cantati nel venerdì santo quando affondano nella carne dell’uomo sulla croce) e di contro, qualcosa di “semplicemente” utile (per appendere un quadro).
Visitando la mostra ho avuto una sensazione strana. Per la prima volta dopo tanti anni mi è tornato in mente un saggio di Martin Heidegger (In cammino verso il linguaggio) e la spiegazione che il filosofo tedesco dava ad una frase (una sola frase) di una poesia di Georg Trakl.
La frase diceva “Il dolore ha pietrificato la soglia” che letta così, “semplicemente” potrebbe essere una conseguenza, un rimanere pietrificati da un inaspettato evento doloroso, ovvero il dolore pietrifica tutto ciò che il dolore stesso ha colpito, ma ad una più attenta analisi linguistica risulta chiaro che evoca un fatto già accaduto, qualcosa che dovrebbe appartenere al passato ma che come una “cicatrice” è presente e ben visibile nella soglia davanti casa. 
Che essa sia vista dall’interno o dall’esterno, testimonia il dolore.
E siccome ogni dolore lascia una “cicatrice” che il tempo (malgrado gli sforzi che potremo fare) potrà solo affievolire ma mai coprire completamente, mi sono chiesto da quale prospettiva Sal Cat guardava il mondo mentre sistemava i suoi “chiodi” al centro della sua personale “scena”. 
Si trovava all’interno della casa, impossibilitato come gli invitati di “L’angelo sterminatore” di Bunuel ad uscire? Oppure si trovava all’esterno? E se fosse stato fuori, sarebbe stato capace di entrare?
Ecco l’uso dei chiodi nei lavori di Sal Cat messi lì a dividere e al tempo stesso unire due superfici, due colori, due anime, mi ha fatto ricordare che puoi cercare di unire le due parti di uno stesso lavoro, ma non sempre hai la fortuna di avere una prospettiva privilegiata, e se non sei nelle condizioni di poter scegliere il posto giusto da dove osservare o “parlare” l’importante è trovare qualcosa (un chiodo) o qualcuno (una persona) che riesca a unire le due anime. 
A quel punto, la soglia sarà solo un passaggio verso l’oltre. O per dirla con Heidegger, un cammino verso il linguaggio.


giovedì 26 novembre 2015

PREMIATA DITTA "SEPULVEDA ANIMALI & Co"

Luis Sepulveda ha riscosso un grande successo editoriale con il suo romanzo "Storia di una gabbianella e del gatto che gli insegnò a volare" e considerato che, squadra che vince non si tocca ha continuato con la "Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico", poi è arrivata la "Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza" e adesso arriva la "Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà". 
Ora dico io, capisco che bisogna cavalcare l'onda e scrivere romanzi come se fosse una soap opera, ma a quale altro animale Sepulveda dovrà rompere i cabbasisi nel prossimo romanzo?

sabato 21 novembre 2015

A PROPOSITO DI FRANCO IACCH

Una intervista al quotidiano indipendente “L'indro” è stata rilasciata ieri dal nostro collega giornalista Franco Iacch a Denise Serangelo, analista politico-militare che collabora con il quotidiano. L'intervista rilasciata da Franco Iacch riguardava i famosi F35.
L'articolo della giornalista (e non è la prima volta che intervista Iacch) inizia così: Considerati i recenti fatti di Parigi e l’allarme stagnante del prossimo attacco in Europa, parlare di armamenti e militare sembra scontato. I bombardieri francesi, russi, e americani sorvolano la Siria con lucida spietatezza; e l’Italia? L’Italia vive ancora nell’ambigua disquisizione sul progetto F-35”.
Per capire meglio la situazione, la giornalista si è quindi affidata a Franco Iacch. “Cerchiamo di comprendere come stanno davvero le cose con Franco Iacch, il primo italiano ad aver testato il software dell’F-35 nello scorso maggio in Turchia nel simulatore Lockheed per 25 minuti”.
A parte il fatto che non può che essere motivo di orgoglio (per tutti!) che un giornalista saccense venga additato come esperto in un settore difficile e complicato come l'aeronautica, da segnalare che Iacch scrive anche per “Difesaonline.it” e molti suoi articoli e riflessioni sono ripresi in toto da quotidiani italiani non certo accreditati per analisi militari. Ma se vogliono capirci qualcosa copiano i suoi articoli.
Senza contare che Il sito specializzato russo Gunportal.com.ua, ha tradotto e titolato in prima pagina la sua analisi sulla nave più potente mai realizzata dall'uomo, la Zumwalt, che Radio Iran ha ripreso il suo articolo sui missili Iskander e che suoi articoli sono stati tradotti in diverse lingue per altri importanti siti web e quotidiani.
E siamo qui!
Non voglio fare commenti e chiedermi perché Franco Iacch non ha, a Sciacca e dintorni (visto che nel mondo lo conoscono) quel ruolo che gli compete in campo giornalistico. 
Forse perché non scrive poesie in dialetto? Non scrive canzoni per il carnevale? Non ha vinto nessun premio organizzato da saccensi? Ha una pagina facebook in cui coglioneggia e accanto al nome non ha scritto nessun titolo tipo: "esperto", "critico", "studioso". O semplicemente perché chi emerge dalla mediocrità viene isolato?

Boh?

sabato 14 novembre 2015

ATTACCO ALLA FRANCIA. MI CHIEDO...

Ma veramente potenze militari ed economiche mondiali come la Francia, l'America, la Russia, la Gran Bretagna e l'Italia non riescono a spazzare via dalla faccia della terra questi esaltati dell'Isis? 
Ma per curiosità, a questi, chi gli vende le armi che mettono in bella mostra durante le loro sfilate? e chi gli vende tutte quelle belle automobili tutte colorate uguali che sembrano appena uscite da un concessionario che per fare un favore al cliente ha incaricato una nota agenzia di stampa per mettergli gli adesivi sugli sportelli?
Ma non basta. A poche ore dall'assedio di Parigi, l'ISIS non solo rivendica la strage (chissà che godimento c'è a svelare di avere ammazzato centinaia di persone innocenti), ma su Twitter scrivono "Ora tocca a Roma, Londra e Washington".
Su Twitter. Ovvero su un social network, uno di quegli strumenti moderni che dovrebbero avvicinare le persone, farli dialogare a distanza e invece serve come scatola di pubblicità per proclami.
Beh, continuiamo ad indignarci mentre ci fanno saltare in aria, continuiamo a incazzarci mentre ci ridono alle spalle, ma qualcuno gli spieghi a questi coglioni che Hallah in paradiso accoglie i martiri, chi muore per la propria fede, e manda all'inferno gli assassini che ammazzano per la brama di potere di qualche vecchio califfo. 
E spiegategli anche che non ci sono vergini in Paradiso. Si scopa in terra!

lunedì 26 ottobre 2015

FEMMINICIDIO: SE NE PARLA A BURGIO


Passando ad esaminare le caratteristiche e le dimensioni del femminicidio in Italia nel 2013, anche attraverso il confronto con l’anno precedente, una prima indicazione riguarda il significativo aumento dei casi nell’ultimo anno (+14%, passando le vittime da 157 a 179). Per quanto riguarda l’ambito omicidiario in cui maturano i femminicidi, si conferma anche nel 2013 come oltre il 70% delle vittime (122, pari al 70,5%) sia stata
uccisa dal proprio compagno, ex compagno o da un familiare (padre, madre, figlio, ecc.), registrando peraltro il numero delle vittime in famiglia una significativa crescita (pari al 16,2%) rispetto alle 105 vittime del 2012.
Circa una donna su 5 è stata inoltre uccisa nell’ambito della criminalità (comune in primo luogo), che registra un numero di vittime crescente nel 2013 (29, a fronte delle 27 vittime nel 2012). Si tratta nella prevalenza dei casi di omicidi a seguito di rapina, nei quali le donne (soprattutto anziane) rappresentano una quota significativa del totale.

sabato 24 ottobre 2015

TROVO STRANO CHE...

Leggo su facebook di un centinaio che ammazzerebbero senza pietà una ragazza che butta i cani nel fiume e i dentisti che ammazzano un leone (senza contare le maledizioni che inviano). E conosco migliaia di persone che sparerebbero a vista al primo intruso o ammazzerebbero l'ubriaco che investe una persona. Tutti questi, di sicuro, firmerebbero la petizione contro la pena di morte!
Accursio Soldano

giovedì 22 ottobre 2015

ASPETTANDO MR. WOLF SU: ITALIA NOTIZIE

Mi è stato fatto dono di questo libro che ho letto con estremo piacere e grande interesse senza voler sapere prima, come mia abitudine, niente né dell’autore né delle recensioni precedenti.
Mi ha attratto subito “a pelle” per due elementi che mi “riguardano”: la sicilianità mia e dell’autore e l’essere stata per due anni volontaria in un carcere siciliano (esperienza su cui ho scritto e pubblicato il mio secondo libro).
Questa è la sinossi in breve (ma che non rende l’idea della bellezza del testo): un giornalista siciliano di provincia, Aristotele Giordano (credo che anche la scelta di nome e cognome non siano casuali da parte dell’autore) decide di dare una svolta alla sua carriera e riesce, grazie a una caparbietà non comune, a ottenere di intervistare un boss mafioso, don Fofò Catanzaro, in un carcere di Palermo per poi trarne, questo è il suo sogno, un libro che gli darà finalmente quella fama che sente di meritare.
L’intervista prenderà una piega diversa da quella immaginata da Aristotele e quando lui deciderà di andarsene ponendo fine a quella sorta di confessione-delirio del boss arriva un finale a sorpresa degno del miglio thriller nelle ultime 8 righe che, naturalmente, non vi svelerò.
Vorrei estrapolare un paragrafo dalle ultime pagine del libro che mi è particolarmente piaciuto, è una riflessione di Aristotele appena salutato il boss alla fine dell’intervista: “…è tutto falso, pensò, credi di essere solo e hai tanti occhi che ti spiano, pensi di stare bene e il male ti cova dentro, pensi di aver vissuto la tua vita e invece hai solo rimpianti e occasioni perse. La verità è che siamo tutti alla ricerca dell’applauso, ne abbiamo bisogno come l’aria che respiriamo, abbiamo, almeno una volta in tutta la nostra vita, bisogno del consenso, tanto per non guardarci alo specchio e dirci che abbiamo sbagliato tutto. Il fatto è che siamo solo spettacolo, puro e semplice spettacolo per il pubblico che ci circonda”.
Formidabile la preparazione da cinefilo doc dell’autore con continue citazioni disseminate nel corso della storia compreso il titolo che ha dato a questa sua opera che rimanda (e, lo confesso, mi sono dovuta documentare per saperlo) al film “Pulp Fiction”.
di Daniela Dominici
http://www.italianotizie.it/?p=33895 

A BURGIO SI PARLA DI FEMMINICIDIO

Si svolgerà a Burgio domenica prossima nell’ambito delle manifestazioni “L’arte è donna”, nella sede del Circolo Pd “Nilde Iotti”, la presentazione del libro di Donatella Falco “Prigioniera del passato”. Alla manifestazione parlerò del femminicidio in Italia
Un romanzo che tratta un argomento impegnativo ed attuale come lo stalking e la violenza sulle donne, in una maniera semplice e accessibile a tutti. Un tema da trattare con delicatezza ma allo stesso tempo affrontarlo con aspra rigorosità per dare alla nuove generazioni un nuovo modo di concepire la “Donna”, sia essa madre, sorella, amica o compagna.
Innescare una cultura del rispetto, della persona, delle idee e della libertà personali, senza prevaricarle perché la violenza su una donna non avviene solo in maniera fisica, ma forse più di tutto avviene quella sottomissione ai voleri di un uomo che ne plagia la personalità tanto da far credere che anche ciò è una forma d’amore.
Un amore malato, contorto, subdolo; un uomo malato che non conosce il vero senso dell’amore e del rispetto.
Al dibattito, dopo i saluti del sindaco Vito Ferrandelli prenderanno parte oltre all’autrice, Giuseppe Zambito, segretario provinciale Pd, la psicologa Mirella Cudia  e l’ex assessore regionale Nelli Scilabra. Modera la giornalista Letizia Bilella.

lunedì 19 ottobre 2015

QUELLO CHE TROVO STRANO

Io non ci trovo niente di strano in un gay. 
Penso che sia un uomo che ha dei gusti sessuali diversi dai miei.
Quello che trovo strano è che un Paese possa pensare di cambiare usi, costumi e Leggi in base alle inclinazioni sessuali di una parte dei suoi abitanti.
Accursio Soldano

sabato 17 ottobre 2015

IL VENDITORE DI ATTIMI: RECENSIONE DI CRISTINA BIOLCATI

“Il venditore di attimi” (Graphofeel Edizioni, 2014) è il romanzo d’esordio dello scrittore e giornalista siciliano Accursio Soldano. Lo potremmo definire come un incentivo alla lettura e al ricordo dei romanzi che più abbiamo amato, e che ora fanno bella mostra di sé nelle nostre librerie. Se la società odierna potesse contare su perfetti sconosciuti che sapessero metterci sulla retta via, sostenendoci moralmente e facendoci comprendere la differenza fra il baratro e il valore del dono della vita, l’uomo sarebbe al sicuro. Ma purtroppo, questi “buoni samaritani” che sempre cerchiamo, sembrano non esistere.
Come si evince dalle pagine di questo breve romanzo, “il venditore di attimi” altri non è che un’idea, ovvero il tempo che intercorre fra il dire e il fare. L’istante esatto in cui ciò che è pensiero diventa azione. L’attimo in cui prendiamo una decisione è fondamentale per la nostra esistenza, perché da lì non si torna più indietro. Eppure, nessuno sembra dare importanza a questo momento preciso, allorquando un pensiero si realizza. Poi, possiamo soltanto essere colti da rimorso, cercare di modificare la nostra decisione, ma mai più riviverla. Ecco perché il personaggio chiave di questa storia, ovvero colui che “vende attimi” e che ci insegna a rivalutare quel momento d’indecisione, non ha nome. Egli rimane per noi uno sconosciuto.
La storia è ambientata in Inghilterra – precisamente a Brighton – e parla di Alfred, uno chef in difficoltà economiche, sposato con Greta e padre di Teresa. Quando l’autore inizia a raccontare, Alfred è sulla spiaggia, dove sta tentando il suicidio. Siamo a marzo, fa ancora freddo e la zona è deserta, eccetto che per un uomo, vestito di nero, che gli si avvicina ed inizia a fargli strani discorsi.
“Quell’uomo era comparso dal nulla, si era seduto accanto a lui e aveva cominciato a parlare. Osservandolo non poté fare a meno di notare l’insolita eleganza. Avrà avuto cinquant’anni, forse qualcuno in meno, magari qualcuno in più. Lo guardava e non riusciva a immaginarlo in nessuna situazione familiare e, malgrado si sforzasse, non riusciva neppure a ricordare se l’avesse mai incontrato”.
L’uomo gli racconta storie che sortiscono un effetto benefico su Alfred, tanto che quest’ultimo desiste dal suo triste proposito e, addirittura, lo invita a cena a casa sua. Qui lo sconosciuto, presentato come un vecchio compagno di scuola, fa la conoscenza di Greta, tutta preoccupata di fargli una buona impressione, e della piccola Teresa alle prese con un problema di matematica che non riesce a risolvere. La bambina apprezza il suo aiuto e gli aneddoti che racconta. Teresa, molto arguta per la sua età, gli chiede quale sia il suo mestiere, ed egli sente di non poterle negare la verità.
“Te lo dico in un orecchio, ma tu non dirlo a nessuno, facciamo che rimanga un segreto fra noi, va bene? Faccio un lavoro strano, il venditore di attimi! Difficile da spiegare ma, se vuoi ti faccio un esempio. Ti è mai capitato di dover prendere una decisione importante e di dover restare lì, un attimo, senza sapere cosa fare?. Ecco, io prendo quell’attimo di indecisione. Quell’attimo fra il prima e il dopo che la gente non considera e butta via”.
Le storie del venditore di attimi evocano molti personaggi, ciascuno uscito da un romanzo famoso. Egli ne parla come fossero suoi amici, mentre in realtà sono protagonisti di libri che prendono vita e interagiscono coi loro autori. Le storie, seppur distanti fra loro, in realtà hanno qualcosa che le accomuna. La meta finale è la scoperta del piacere della lettura. E infatti, come regalo dopo la sua partenza, lo sconosciuto farà recapitare ad Alfred e alla sua famiglia un pacco contenente i romanzi di cui aveva parlato loro.
È vero, la maggior parte delle storie narrate non ha un lieto fine, ma importante è il piacere di ricordarle. Per questo si può affermare che “Il venditore di attimi” contenga un messaggio positivo da consegnare ai posteri. Non solo l’importanza della lettura, quale attività che permette di viaggiare con la fantasia in mille mondi diversi, ma anche il privilegio di “esserci”, sempre e comunque.
https://librodelmartedi.wordpress.com/2015/09/01/il-venditore-di-attimi-di-accursio-soldano/

QUESTA E' UNA BELLA RECENSIONE

Il Venditore di Attimi, il nuovo libro di Accursio Soldano, nato a Sciacca nel 1957 giornalista che collabora con diversi quotidiani tra i quali “La Repubblica” di Palermo, edito da Graphofeel e recensito da Mariano Deidda.
Di quanti venditori di attimi avrebbe bisogno la società attuale? Credo tanti, infinitamente tanti! Capita raramente soprattutto oggi, di imbatterci in un libro che riesca a sostenerci dal punto di vista morale.
Pochi, sempre troppo pochi! “Il Venditore di Attimi “ di Accursio Soldano è uno dei pochi, una piccola ma intensissima luce che lascia intravedere quale sarà il nostro bisogno prossimo. Uno sconosciuto, un qualcuno che saprà farci capire la differenza tra il precipizio e il valore autentico del dono della vita, quel qualcuno che abbiamo sempre cercato e mai trovato.
Oggi, in una società dove tutto si manifesta attraverso potere spreco e arroganza, Il Venditore Di Attimi arriva come un fulmine a ciel sereno, come quando si cerca aria pulita, linfa nuova, liberandoci da inutili e catastrofici ideali che non sono mai riusciti a farci vivere davvero. Un libro nuovo, intelligente, colto e ottimista. Un autore da scoprire, difendere e diffondere.
http://www.recensionilibri.info/recensioni/romanzi/il-venditore-di-attimi-di-accursio-soldano.html#sthash.9MMM3abz.TmBeSQ3C.dpuf

venerdì 16 ottobre 2015

CONVEGNO CON AMNESTY INTERNATION

Si svolgerà sabato 17 ottobre con inizio alle ore 18.00 presso la sede dell'associazione culturale Posiviri, un incontro con un gruppo di volontari di Amensty International guidati da Sabina Castiglione. 
Tema dell'incontro sarà la campagna contro la pena di morte e le varie iniziative messe in campo dall'associazione che ha ramificazioni in tutto il mondo.
Sarò moderatore dell'incontro.

mercoledì 29 luglio 2015

MI CHIAMO CLARENCE CHAMBERLIN

  

MI CHIAMO CLARENCE CHAMBERLIN
Monologo 
Liberamente tratto da "Giuseppe Mario Bellanca e i pionieri sulle macchine volanti"
di Accursio Soldano


  Mi chiamo Clarence Chamberlin, sono nato in Ohio l’undici novembre del 1893 ed ho iniziato a volare nel 1918 dopo essermi arruolato nel reparto Aviazione dell’esercito e voglio raccontarvi quello che accadde nella settimana a partire dal 15 maggio 1927 quando Charles Lindbergh prese il volo per sorvolare l'atlantico. Voglio raccontarvelo per amore della verità e perché… perché è giusto che sia così. Perché è vero che la storia la fanno i vincitori, ma non sempre chi arriva secondo è uno sconfitto. E Giuseppe Bellanca, è uno che ha vinto!
  Quella settimana, al Roosevelt Field di New York in attesa di prendere il volo per Parigi c'erano tre piloti. Charles Lindbergh, un giovane pilota postale che si era presentato con un aereo costruito dalle industrie Ryan e che aveva battezzato Spirit of St. Louis, il comandante Richard Byrd, che aveva scelto il mio amico Bert Acosta come pilota ed io, con il Miss Columbia, l’aereo costruito da un ingegnere siciliano di nome Giuseppe Bellanca, un uomo che ha passato la sua vita in compagnia di un rimpianto: non aver venduto a Lindbergh il suo monoplano per la mitica trasvolata in solitario New York-Parigi. La prima della storia.
La vita in seguito gli avrebbe avrebbe dato tante soddisfazioni ma nulla ha potuto colmare il vuoto di quell'appuntamento mancato con la leggenda. Ma voglio raccontarvi, affinché tutti voi conosciate la verità, come si sono svolti i fatti.
Io come vi dicevo mi chiamo Clarence Chamberlin ed ho cominciato a volare con gli aeroplani costruiti da Peppino Bellanca nel 1919 e sapevo benissimo, così come lo sapevano tutti, che un suo aereo poteva fare la trasvolata oceanica, perché gli aerei costruiti da Giuseppe Bellanca erano affidabili, veloci e sicuri. Avremmo seguito la rotta dei piroscafi. Avevamo salvagente, pistole, bombe fumogene per segnalazioni. Il grosso serbatoio di carburante che si trovava nella cabina poteva essere svuotato rapidamente e utilizzato per far galleggiare l’apparecchio, beninteso se questo non si fosse capovolto, ma eravamo fiduciosi.
Il mio aereo, il “Columbia”, aveva un peso totale di quasi 2.500 chilogrammi inclusi 1.920 litri di benzina e 90 di olio, poteva viaggiare ad una velocità di 180 chilometri orari ed era munito di un motore Wright Whirlwind da 400 cavalli, raffreddato ad aria. Era il migliore in circolazione e ce la poteva fare, doveva essere il primo aereo ad atterrare a Parigi, ma così non fu. Volete sapere perché sono così sicuro che avremmo vinto noi?

 Beh, cinque giorni prima, un martedi se non ricordo male, si, martedì 12 Aprile 1927 io e Bert siamo decollati dal Roosevelt Field alle 9 e 30 del mattino con 375 galloni di carburante e qualche piccolo accorgimento nella cabina. Il piano era molto semplice, Bellanca ci aveva chiesto di  volare avanti e indietro sopra Long Island fino a quando la benzina non fosse finita, non tanto da schiantarci al suolo, ma fino a quando nel serbatoio fosse rimasta quella necessaria per atterrare.
Voleva sapere quante ore il suo aereo poteva stare in volo.
Beh, io e Bert abbiamo volato per due giorni. Avanti e indietro, sopra e sotto Long Island, sopra i grattacieli che ormai li conoscevamo a memoria. Vi potrei persino dire chi ci abita. Quando siamo tornati a terra erano passate 51 ore, 11 minuti e 25 secondi e fummo accolti da un gran sorriso di Giuseppe.
Lui sapeva che per arrivare a Parigi, volando in quel modo, ci sarebbero volute 45 ore, cavolo, noi avevamo volato per 51 ore, altro che Parigi, potevamo arrivare fino a Vienna senza problemi.
Come dicevo, quella settimana al Roosevelt field avevamo un appuntamento con la storia, dovevamo essere i primi a volare dall’america in europa senza fare nessun scalo, senza fermarci da nessuna parte a rifornirci, dovevamo aprire una nuova via. 
Perché eravamo lì?
Tutto era cominciato sette anni prima, nel 1919, quando Raymond Orteig il proprietario del lussuoso Hotel Lafayette di New York decise di offrire un premio di 25.000 dollari al primo aviatore che avrebbe attraversato l'Atlantico, da New York a Parigi. O da Parigi o New York, non importava, quel che interessava era che fosse un volo non-stop.
Cosa da pazzi, una cosa impensabile.
All’iniziativa si associò il giornale francese “Paris Temps”. Il premio messo in palio da Raymond Orteig e i 10.000 franchi offerti dal giornale francese, in realtà erano poca cosa. Quella somma non sarebbe bastata neppure a pagare gli interessi sugli investimenti totali. Erano piuttosto la fama, il cinema, gli articoli sui giornali e soprattutto l'avventura e la gloria il vero motore di chi avesse voluto tentare la traversata.
Da quel momento, il Roosevelt Field divenne la sede centrale di molti aviatori che volevano tentare l'impresa. Oltretutto a quel tempo le continue innovazioni in campo aeronautico facevano supporre che quella traversata fosse possibile. Ma non era esattamente così. Parecchi piloti dell'epoca infatti ci provarono, ma nessuno riuscì a raggiungere le meta e molti persero la vita.
Oltre a noi, voglio dire, io e Bert che avevamo già volato su un aereo di Bellanca, c’era anche un giovane pilota delle linee aeree postali di Saint Louis, di nome Charles Lindbergh che... Ok, vi racconto come il destino può essere beffardo.
Dopo il nostro giro su Long Islands tutti i giornali americani parlavano delle prestazioni degli aerei disegnati da Giuseppe, al punto che Lindbergh stesso dichiarò “Se posso avere un Bellanca, volerò da solo”.
Lindbergh quindi si recò alla fabbrica di Bellanca per comprare un suo aeroplano e devo dire che trovò peppino disponibile alla vendita. Ma non il suo socio, Charles Levine.
Charles Levine era un industriale di Brooklyn che cominciò la sua ascesa nel mondo degli affari vendendo automobili di seconda mano. Fece milioni di dollari dopo la guerra e il suo fiuto per gli affari lo avvicinarono al mondo dell'aviazione. Con Bellanca creò la "Columbia Aircraft Corporation" mettendo a disposizione dell'ingegnere siciliano un capitale iniziale di 50.000 dollari con i quali Giuseppe riprese il suo vecchio progetto del WB2, costruì l’aereo e lo battezzò "Columbia".
Insomma, in un primo momento Levine tentò di alzare il prezzo chiedendo ben 15.000 dollari per vendere l’aereo, convinto che quel pilota non avrebbe mai trovato quella cifra; ma quando Lindbergh tornò nella sede della società con il denaro in mano e pronto all’acquisto, Levine rispose che gli avrebbe venduto l'aeroplano, ma si riservava il diritto di scegliere l'equipaggio.
A quel punto Lindbergh, non potendo disporre del WB2 e tuttavia intenzionato a tentare la trasvolata oceanica, con in tasca quella somma si recò nella sede della Ryan Aircraft Company, a San Diego, per farsi costruire il suo aereo. Devo ammetterlo, lo Spirit of St. Louis venne disegnato e fabbricato  in tempo record. Il progetto era stato realizzato il 25 febbraio 1927 e tre mesi dopo, il 10 maggio, grazie soprattutto all’impegno del capo ingegnere della Ryan, Donald Hall, l’aereo era pronto.
Intanto Giuseppe Bellanca, aveva preparato il Columbia per vincere il premio ed aveva ingaggiato come pilota Lloyd Bertaud, un giovane pilota americano del servizio postale che aveva battuto numerosi record di durata e che durante la prima guerra mondiale era stato arruolato col grado di tenente nell’aviazione americana. Sembrava tutto a posto, anche il pilota era bravo, e dopo il record di persistenza in volo che facemmo io e Bert sopra Long Islands, aveva deciso di affidare a me il ruolo di navigatore per compiere la trasvolata. Insomma, io e Bertaud eravamo il migliore equipaggio possibile con il migliore aereo in circolazione, ma nessuno poteva prevedere cosa sarebbe successo di lì a poco nè immaginare che un sogno, inseguito per tanto tempo, potesse svanire improvvisamente.
Beh, quel pazzo del socio di Bellanca aveva deciso, non so come non so quando, che doveva volare lui: di conseguenza, considerato che i posti sull'aereo erano solo due tentò di annullare il contratto con Bertaud. L’eccentrico miliardario e socio di Giuseppe Bellanca, infatti, nello scegliere l'equipaggio aveva promesso un posto a due piloti: Bertaud e me E fu allora che si complicò tutto.. e il disastroso epilogo della vicenda avvenne nel maggio del 1927 quando era tutto pronto per entrare nella leggenda.
Sarà stato il desiderio di Levine di partecipare a quel volo, sarà stato il nervosismo che serpeggiava fra tutti noi, pronti a volare ma impossibilitati a farlo per il maltempo, sarà che eravamo preoccupati che qualcuno potesse accendere i motori e fregarci, il clima non era certo idilliaco e cominciarono gli attriti e le discussioni.
E una sera Levine stracciò il contratto con Bertaud ed io pensai che era tutto a posto, potevamo fare la trasvolata oceanica.
Il primo stop però avvenne il 16 maggio. Si era sparsa la voce che stessimo  per decollare, e una folla enorme, sperando di assistere al volo, si riversò al Roosevelt Field. La nebbia segnalata sull’Atlantico consigliò però di rimandare la partenza. “È probabile – scrisse il corrispondente del “Giornale di Sicilia” – che l’apparecchio del costruttore italiano compia domani un volo New York-Washington come prova definitiva circa la bontà dell’apparecchio”.
Passarono tre giorni. Il 19 maggio, mentre su New York scendeva una leggera pioggia, Lindbergh, dopo aver constatato che il maltempo si era attenuato e che le previsioni erano buone, decise di ritornare immediatamente all’aereoporto e rifornire di carburante il suo aereo. All’alba del 20 maggio si alzò in volo; il resto è storia.
Vi chiederete: Cosa impedì all’aereo di Giuseppe Bellanca di prendere il volo e battere quel record? Sia lo Spirit of St. Louis che il Columbia erano al Roosevelt Field pronti per il decollo e per volare verso Parigi. Perché l’aereo di Bellanca, che era sicuramente il più affidabile e il più veloce, non si alzò in volo?
La risposta è semplice e allo stesso tempo drammatica. Lloyd Bertaud, dopo che Levine aveva stracciato il contratto era offerto di comprare l’aereo; ma così come aveva fatto con Lindbergh, l’eccentrico miliardario americano si rifiutò di venderlo.
Per tutta risposta, sentendosi defraudato e vedendosi tolta la possibilità di essere il primo aviatore a sorvolare l’oceano, citò per danni la società. Bertaud sapeva che il Columbia era più veloce e che avrebbe vinto sicuramente la gara, ma la rottura con Levine lo aveva privato della possibilità di entrare nella storia dell’aviazione. Chiamò quindi in giudizio la Columbia Aircraft e ottenne il sequestro dell'aereo.
Così, mentre il nostro aereo, il Bellanca WB2 era sotto sequestro per ordine della Suprema Corte, il 20 maggio 1927 Lindbergh partiva per il suo storico volo in solitario da New York a Parigi; e il 16 giugno di quell’anno, a New York, riceveva il premio dalle mani di Raymond Orteig.
Ecco, questa è l’esatta ricostruzione di come si sono svolti i fatti.
Peppino Bellanca, un siciliano emigrato in America con pochi soldi e diventato il più famoso costruttore di aerei fu beffato da una disputa fra il suo socio ed un pilota delle linee postali.

Due settimane più tardi, il 4 giugno del 1927, il Columbia – ormai liberato dalle dispute legali e dopo aver cancellato dalla carlinga la scritta Paris – decollò con successo per il volo verso la Germania. In cabina con me c’era  Charles Levine, che è entrato nella storia dell’aviazione essendo stato il primo passeggero in un volo transatlantico.

Beh, Giuseppe Bellanca adesso è nella Hall of fame dell’aviazione mondiale, lui ha messo i paracadute dentro gli aerei, ha inventato la cabina pressurizzata e per la prima volta ha dotato un aereo di una radio per le comunicazioni. Insomma, se prendete un aereo oggi, tutto ciò che c’è dentro è una invenzione di un piccoletto siciliano, emigrato in America con un sogno: volare. Ma se chiedete in giro, qui in Sicilia in pochi lo conoscono, di contro, se vi capiterà di andare nel Museo dell’aviazione di Washington andate a visitare le tre grandi stanze dedicate a Bellanca.
Un grande siciliano.




lunedì 6 luglio 2015

S. MARGHERITA BELICE: PREMIO STELLE DEL GATTOPARDO 2015

 Si è svolto a Santa Margherita di Belice la manifestazione "Uomini e cose del mondo della cultura, scienza, solidarietà ed arte nelle Terre Sicane" che premia ogni anno personalità che si sono distinte nei diversi ambiti, dalla musica alla politica, dall’impresa alla medicina.
La quarta edizione della rassegna, ideata ed organizzata dall’associazione culturale Stelle del Gattopardo, presieduta dal professore Enzo Ottavio Benistati, si è svolta in Piazza Matteotti - teatro S.Alessandro, di fronte il Palazzo Filangeri
di Cutò.
E fra le 25 nuove “Stelle del Gattopardo”, l'associazione mi ha voluto premiare per il "notevole contributo culturale". Lo ammetto, questo premio è gratificante perché (ancora una volta) arriva da una città che non è la mia ma che, evidentemente, segue il mio lavoro in questi anni e soprattutto non è legato ad un libro ma solo per meriti culturali, per l'insieme del mio lavoro giornalistico, letterario e teatrale. Il lavoro paga!




venerdì 3 luglio 2015

PREMIO STELLE DEL GATTOPARDO

Si svolgerà il 4 luglio a Santa Margherita di Belice, la manifestazione "Uomini e cose del mondo della cultura, scienza, solidarietà ed arte nelle Terre Sicane"che premia ogni anno personalità che si sono distinte nei diversi ambiti, dalla musica alla politica, dall’impresa alla medicina.
La quarta edizione della rassegna, ideata ed organizzata dall’associazione culturale Stelle del Gattopardo, presieduta dal professore Enzo Ottavio Benistati, si svolgerà a partire dalle ore 21 in Piazza Matteotti - teatro S.Alessandro, di fronte il Palazzo Filangeri di Cutò.
Durante la serata di premiazione, che vedrà la proclamazione di 25 nuove“Stelle del Gattopardo”, si esibiranno artisti e gruppi musicali.
Fra i premiati, i musicisti Nicola Ganci e Giana Guaiana, Fabiola Speziale nella sezione “Arte”, Saverio Vetrano per l’impegno nel territorio e per l’informazione i giornalisti Joseph Cacioppo, Angela Abbate e Maria Stella Ruvolo ed il giornalista e scrittore Accursio Soldano.
La rassegna sarà presentata da Rosy Abbruzzo e vedrà la partecipazione di diverse autorità pubbliche e di numerosi sindaci del comprensorio.
Ringrazio l'associazione per il prestigioso Premio.

lunedì 29 giugno 2015

PRESENTAZIONE DI LENNY BRUCE AL LETTERANDO IN FEST

Il suo corpo fu trovato dentro il bagno della sua casa, completamente nudo. Il vero nome era Leonard Alfred Schneider ed era nato il 13 ottobre 1925. Il padre Michael Schneider era nato in Inghilterra nel Kent, e nel 1905 si trasferì negli Stati Uniti dove nel 1921 conobbe Sally Kitchenburg. I suoi genitori si sposarono quattro anni dopo e nello stesso anno nacque Leonard Alfred.
Nel 1933, Michael e Sally divorziarono.
Lenny Bruce venne arrestato per la prima volta il 4 ottobre 1961 al Jazz Workshop di San Francisco con l’accusa di oscenità in pubblico; con la stessa accusa verrà arrestato il 24 ottobre 1962 al Troubadour Theatre; nel dicembre del 1962 al Gate of Horn di Chicago, nel febbraio del 1963 all’Unicorn di Hollywood, nel marzo del 1964 al Trolley-Ho di Los Angeles e nell’aprile del 1964 al Cafe au Gogò di New York.
In quegli anni verrà arrestato per possesso di narcotici il 29 settembre 1961 a Philadelphia, il 6 ottobre 1962 a Los Angeles, e ancora a Los Angeles nel gennaio del 1963. Nell’aprile del 1963 un suo intervento alla BBC di Londra sarà interrotto bruscamente e Bruce verrà bandito dall’Inghilterra, così come nel settembre dell’anno prima lo era stato dall’Australia.
Lenny Bruce ha lottato, strenuamente, per far valere il diritto alla libertà di parola, diritto che gli è stato negato fino alla fine.
Sia che venga considerato come un comico astuto o solo un canzonettista affamato di pubblicità, la sua influenza nel sociale e nel campo della commedia non può essere negata. Lui era il confronto diretto con la coscienza del suo tempo. Comico, chiaro, franco ed offensivo. Lenny Bruce portò le persone, provocandole direttamente con l’uso del linguaggio, a pensare seriamente su temi come la Religione e la politica, sfidò le convenzioni e gli atteggiamenti a quel tempo prevalenti riguardo il sesso, la droga e l’uso di alcune parole considerate oscene. Lacerò le convenzioni sociali prendendosi beffa dell’ipocrisia del Potere. Bruce osò dire l’indicibile, proferire parole “non stampabili”, stuzzicò il suo pubblico invitandolo a riflettere sui limiti a cui si è sottoposti da leggi scritte e dalle convenzioni sociali.
Una delle sue caratteristiche era quella di rivolgersi al pubblico con parole che il comune senso del pudore considera “oscene” perché era convinto che se una parola viene ripetuta continuamente, perde il suo potere di scioccare o ferire.
Ma quelli che violano tabù sociali, vanno inevitabilmente incontro a problemi e ad uno scontro con il Potere. Lenny Bruce fu un destabilizzatore, venne considerato un “comico malato” venne odiato ed amato. Alcuni anni dopo la sua morte, cinema, teatro e letteratura, cominciarono ad interessarsi del personaggio, a prendere coscienza della sua forza, e negli ultimi anni è iniziata una campagna di rivalutazione nei suoi confronti, conclusasi nel 2003 con il perdono postumo accordatogli dal Governatore dello stato di New York, George Pataki.
“Il perdono postumo di Lenny Bruce è una dichiarazione dell’impegno di New York a far valere il primo Emendamento. La libertà di parola è una delle più grandi libertà americane ed io spero che questo possa servire come un promemoria per tutte le libertà”.

mercoledì 27 maggio 2015

LE STELLE DEL GATTOPARDO IL PROSSIMO 4 LUGLIO

Torna anche quest’anno a Santa Margherita di Belice, il prossimo 4 luglio, la manifestazione "Uomini e cose del mondo della cultura, scienza, solidarietà ed arte nelle Terre Sicane" che premia ogni anno personalità che si sono distinte nei diversi ambiti, dalla musica alla politica, dall’impresa alla medicina. 
La quarta edizione della rassegna, ideata ed organizzata dall’associazione culturale sportiva Stelle del Gattopardo, presieduta dal professore Enzo Ottavio Benistati, si svolgerà a partire dalle ore 21 in Piazza Matteotti - teatro S. Alessandro, di fronte il Palazzo Filangeri di Cutò. 
Durante la serata di premiazione, che vedrà la proclamazione di 25 nuove “Stelle del Gattopardo”, si esibiranno artisti e gruppi musicali. 
Tra questi le cantanti liriche Marianna Pizzolato e Anna Canzoniere, le cantanti folk Patrizia Genova e Giana Guaiana, il musicista Mario Liberto, Maria Elena Viola al pianoforte, Nicola Ganci (cantautore e musicista), Stefano Bilello, partecipante allo Zecchino d'oro e il coro Unitre Castelvetrano Selinunte "Raffaele Caravaglios". 
La selezione dei premiati, che riceveranno una pergamena riportante le “attestazioni di merito”, è svolta dallo stesso presidente dell’associazione, Enzo Ottavio Benistati, coadiuvato da i suoi collaboratori, durante un lungo lavoro che si articola in un anno. 
La rassegna sarà presentata dalla giornalista Rosy Abbruzzo e vedrà la partecipazione di diverse autorità pubbliche e di numerosi sindaci del comprensorio.

giovedì 14 maggio 2015

CASABLANCA

Grazie a Graziella Proto, ho iniziato a collaborare con una rivista siciliana che è una vera e propria macchina da guerra contro il piattume giornalistico. In verità, malgrado l'invito del direttore (la quale evidentemente, in campo giornalistico riponeva in me più fiducia di quante ne abbia io di me stesso), non sapevo cosa scrivere, perché se sfogliate la rivista http://www.lesiciliane.org/casablanca.html vedrete che gli argomenti sono di stretta cronaca ma trattati con taglio molto più professionale rispetto alla "cronaca" spicciola. Ed è da anni che non mi occupo più di cronaca o inchieste.
Alla fine, considerato che oggi mi occupo principalmente di musica e di libri abbiamo concordato su questi due argomenti.
Ora, per essere chiari vi copio paro paro quel che dice la presentazione
E' una rivista più o meno come il vecchio Avvenimenti ma con metà pagine (la stiamo facendo a cambiali). Dei "vecchi" per ora ci siamo io, Graziella Proto e Lillo Venezia (quello del "Male": è il più moderato e ragionevole dei tre, dal che potete capire il livello medio della banda), con Shining alle tastiere. Poi c'è una decina di giovani giornalisti venuti su ora; e, al solito, i vecchi e nuovi compagni che si stanno arruolando in questi giorni, appena sentito il segnale, al solito, alla garibaldina. Al solito, non pretendiamo di far tutto da soli: contiamo sul fatto che, facendo partire concretamente un primo gruppo, ne nasca un processo virtuoso che metta in moto in Sicilia e dappertutto qualcosa. Rita, Berlusca, Provenzano, le speranze, i cortei: cosa c'è più da aspettare? Quando, se non ora?

giovedì 23 aprile 2015

UNA BELLA INTERVISTA SU SOLOLIBRI.NET

E’ in libreria ormai da alcuni mesi “Aspettando Mr. Wolf” (Graphofeel 2014), secondo libro del giornalistaAccursio Soldano . E’ una pubblicazione non troppo lunga ma assai significativa che prende il titolo da un personaggio di Pulp Fiction, Mr. Wolf appunto, colui che arriva nei momenti difficili e sistema anche le situazioni più critiche. Perché far ricorso a lui?
Aristotele Giordano, giornalista poco conosciuto e alla ricerca di maggior fama o almeno desideroso della pubblicazione di un articolo che superi le venti - trenta righe, ha dopo innumerevoli richieste l’occasione di intervistare un boss di “Cosa Nostra”, Don Fofò, al secolo Alfonso Catanzaro, da nove anni ormai in carcere. Sarà questo un incontro molto, molto particolare…
  • Accursio, vuoi presentarci Aristotele e Don Fofò?
Diciamo che sono due falliti. Ognuno nel proprio campo. Aristotele Giordano non riesce ad avere quel successo che crede di meritare e cerca di trovare negli altri i motivi del suo insuccesso. Lo stesso vale per Don Fofò, che è in carcere. Entrambi hanno bisogno di giustificare i propri fallimenti e allo stesso tempo di avere, finalmente, la possibilità di mettere in mostra la propria irrilevanza nella società. L’occasione è un’intervista, da pubblicare in un libro che porterebbe ad entrambi quel momento di notorietà a lungo ricercato. E se ci pensi, o vai in una qualsiasi libreria, vedrai che in mezzo alle sezioni di libri classici, gialli, filosofici o di medicina, da un po’di tempo a questa parte c’è anche una sezione “mafia”. Non perché quei libri abbiano da dire qualcosa di diverso di quello che si legge sui giornali, ma molto spesso perché chi li scrive cerca i suoi quindici minuti di notorietà. In fondo, l’anonimato spaventa tutti. Ci dispiacerebbe morire sapendo che nessuno ricorderà il nostro nome.
  • Perché Don Fofò dice “ Io non faccio parte di nessuna organizzazione criminale. Io sono un uomo d’onore”?
Per i siciliani l’onorabilità del proprio nome e il rispetto alla persona sono due punti essenziali. Il personaggio del mio libro, pur facendo parte di una famiglia mafiosa, non ritiene che i suoi comportamenti, compresi i delitti che commette, siano da punire proprio perché appartenendo ad un’organizzazione che ha delle regole precise di comportamento (per sé e per gli altri), il non andare contro quelle regole fa di lui un uomo d’onore che ha rispetto sia verso se stesso sia verso quelle regole che ha accettato di seguire. Nessuno, visto che non si è pentito di quello che ha fatto, che non ha tradito la sua “famiglia”, può rimproverarlo di essere venuto meno alla parola data. Lui è un uomo d’onore. Ma, ovviamente, il concetto può essere visto in vari modi. Per fare un esempio cinematografico (visto che il romanzo ne ha tanti) basta guardare l’ultima scena del film di Pietro Germi “In nome della legge” (che peraltro è stato girato a Sciacca). Quando torna in paese per arrestare chi aveva ucciso il giovane Paolino, il Pretore Guido Schiavi guarda il capo mafia Turi Passalacqua che arriva a cavallo e solo dopo un cenno di intesa del mafioso può arrestare il colpevole… in nome della legge. Ebbene Leonardo Sciascia rimproverò a Germi di aver fatto un film in cui si accreditava alla mafia un’immagine ispirata da una profonda vocazione di giustizia (il capomafia fa arrestare l’assassino del giovane), mentre secondo Tommaso Buscetta i suoi amici mafiosi disapprovavano il finale perché secondo loro, il comportamento di Passalacqua era indegno di un uomo d’onore (un capomafia non tradisce i suoi uomini).
  • Per il boss Catanzaro risulta assai importante il discorso del rispetto, così tanto che cita Mosè e la Bibbia al riguardo…
Il discorso di Don Fofò è molto semplice. Diciamo subito che il personaggio usa Mosè come alibi per i suoi omicidi, ma fa una domanda precisa: perché l’uccisione dei primogeniti egiziani è un atto dovuto e non punibile dalla storia e l’uccisione dei primogeniti da parte di Erode è omicidio? Il gesto, anche se aveva una motivazione diversa, andava alla ricerca di un risultato favorevole a chi lo ha compiuto. Però, malgrado il reato sia lo stesso, Mosè è un santo, Erode un assassino. E’ una cosa che accade ancora oggi. Ma il vero problema è la mancanza di rispetto che abbiamo per le cose e per la vita. La gente è capace di uccidere solo per uno stop non rispettato, per un cane investito, per un amore non corrisposto. Non abbiamo rispetto per ciò che ci circonda, per l’ambiente. Abbiamo perso il piacere della condivisione ma siamo pronti a mettere in mostra il nostro pietismo quando leggiamo un fatto di cronaca nera sul giornale perché come diceva Gregory Corso “la pietà si appoggia al suo bombardamento preferito e perdona la bomba.
  • Poi le tematiche si ampliano. Le parole di Don Fofò toccano il giornalista e lo fanno riflettere, anzi, portano il pensiero al suo lavoro. Quali attinenze?
Le attinenze fra giornalismo e mafia? Beh, entrambi, per poter funzionare, hanno bisogno di un’organizzazione verticistica in cui ci sia un capo che decide cosa fare e sudditi che obbediscono alle direttive. Cambiano i metodi di approccio alla “battaglia” ma alla fine ci vuole il morto sul campo. Io ricordo ancora la vergognosa campagna di stampa che una nota testata giornalistica fece contro l’allora direttore di “Avvenire” Dino Boffo, reo di aver scritto un editoriale non favorevole a Berlusconi. Ebbene, in quella occasione, il direttore di quel giornale lo accusò, gli dedicò le prime pagine con documenti e fotocopie e dopo le dimissioni di Boffo dichiarò che tutte le accuse erano state inventate per rappresaglia. Secondo me questo è un approfittare del proprio potere (una testata giornalistica) e della propria posizione verticistica per eliminare un concorrente usando qualsiasi mezzo. Il “morto” sul campo è stato Boffo. E mi sono chiesto e me lo chiedo ancora oggi: in quella redazione non c’era un giornalista che, sapendo di scrivere cose inventate, aveva dichiarato la propria contrarietà, o tutti erano ad ubbidire? Beh, anche oggi, talvolta, non si seguono le regole della corretta informazione, perché come diceva Von Kleist tanti anni fa ci sono solo due tipi di giornali: quelli che scrivono a favore del potere, e quelli che scrivono contro.
  • Il tuo è un libro coraggioso che non ruota solo sulla mafia, ma denuncia anche aspetti del giornalismo e della politica. Come sei riuscito in tutto ciò?
Il mio non è un libro di mafia o sulla mafia. Io lo definisco un giallo o un noir. Il giornalista che intervista il mafioso è solo un pretesto per confrontarci con la realtà quotidiana in cui, molte volte, quello che pensiamo non corrisponde a quello che diciamo e dove, pur di conservare un minimo di “ruolo nella società”, siamo disposti a ricorrere a qualsiasi espediente. Volevo due personaggi che nell’immaginario collettivo fossero distanti anni luce sia per i valori in cui credono che per la “missione” scelta. Solitamente il giornalista è quello buono e il mafioso è il cattivo. Qui non ci sono buoni o cattivi, ma solo persone che cercano di ritagliarsi un ruolo ricorrendo a qualsiasi mezzo e dimostrare che in fondo, ognuno di noi, mafioso, giornalista, politico o semplice magazziniere, al momento di operare una scelta o di difendere il proprio pezzetto di terreno, pur di raggiungere lo scopo, non sempre agisce correttamente.
  • Se Mr. Wolf, colui che “risolve problemi” venisse qui ora, quale, secondo te, sanerebbe per primo?
Se fosse capace di risolvere il problema dell’incomunicabilità fra esseri umani sarebbe perfetto. Parliamo poco, molte volte parliamo male, ci affidiamo a dicerie, mettiamo in mostra il nostro pietismo e viviamo la nostra vita come se ne avessimo un’altra a disposizione. Per fortuna abbiamo momenti d’amore, ma dovremmo stare più con gli altri che fra gli altri. Perché Mister Wolf, come in“Aspettando Godot” di Beckett, non arriva mai.

IMMIGRATO DOVE VAI? DEVI STARE IN ITALIA!

Il 2015 si preannuncia come l’anno dei record per il numero di profughi nelle nostre coste: nei primi mesi dell'anno sulle coste italiane si sono registrati oltre 18 mila profughi, 8 volte il dato del 2013. Ricordiamo che nel 2014 sono arrivati nel nostro Paese oltre 170 mila profughi, più della somma dei tre anni precedenti e quasi il triplo del 2011. I primi dati del 2015 registrano una forte crescita, che se confermata renderebbe difficile la gestione dei profughi. Lo stesso Ministro degli Esteri Gentiloni stima in 250 mila gli sbarchi previsti quest’anno.
Dall’inizio dell’anno, compresi gli ultimi arrivi, sono 3.003 i migranti sbarcati a Porto Empedocle in occasione di 10 operazioni di trasbordo o sbarco, coordinate dalla Capitaneria di Porto. Ma non sono solo gli arrivi ad essere in crescita, ma sono raddoppiate le richieste d’asilo e aumentate le richieste di ripresa in carico dei profughi rivolte all’Italia dai paesi UE. Questa situazione sta portando al collasso i sistemi di accoglienza del territorio, che attualmente ospitano 67 mila migranti e non sembrano attrezzati per far fronte al gran numero di richieste, determinando una condizione di emergenza continua.

Ma c’è una cosa che merita attenzione e che forse molti non sanno. Secondo gli accordi di Dublino, l’accoglienza dei profughi spetta al Paese di primo approdo: in altre parole tutti i profughi arrivati o in arrivo nelle nostre coste devono chiedere asilo SOLO all’Italia, e se vengono trovati in altri Stati viene richiesto all’Italia di riprendersene carico. 
In particolare, nel 2013 vi sono state oltre 22.000 domande di ripresa in carico rivolte all’Italia da altri paesi UE, pari ad oltre il 50% dei profughi sbarcati quell’anno. Il 66,1% delle richieste è andato a buon fine, facendo tornare 15 mila profughi nei nostri centri di accoglienza. 
Le richieste all’Italia provenivano principalmente da Svizzera , Germania e Svezia. Insomma, i profughi sbarcano a Porto Empedocle, poi arrivano in germania e i tedeschi ci invitano a riprenderli perché così dice il trattato. In definitiva, 
La fine dell’operazione Mare Nostrum, anziché far diminuire gli arrivi, ha generato una situazione di ancor maggiore incertezza. Il risultato è l’aumento degli sbarchi, che nei primi mesi del 2015 hanno già superato quota 18 mila.