martedì 25 gennaio 2011

AAA... CERCASI DEPUTATO

CUFFARO: TRE ANNI DI LAVORO, VENTI ANNI IN ASPETTATIVA


L’ex governatore Toto’ Cuffaro, condannato con sentenza definitiva a sette anni di carcere per favoreggiamento aggravato alla mafia e violazione del segreto istruttorio, perdera’ il posto di lavoro alla Regione siciliana, secondo gli uffici regionali preposti. 
L’ex senatore Pid, medico specializzato in radiologia, è dipendente dell’Ispettorato regionale alla Sanità dal 1989, in aspettativa dal 1991, dopo la prima elezione all’Assemblea regionale siciliana. Dagli uffici della Regione spiegano che la posizione lavorativa di Cuffaro sarà esaminata non appena giungeranno gli atti della Cassazione. 
 Insomma, con tutto il rispetto che si può avere in questi casi, lavorare all'ispettorato per 3 anni e mettersi in aspettativa per 20 anni, mi sembra una esagerazione. Certo, la legge lo consente, ma insomma...

lunedì 24 gennaio 2011

PRESENTATO "DON VITO" LE VERITA' DI MASSIMO CIANCIMINO

In una affollata e fredda ex chiesa di Santa Margherita, Massimo Ciancimino, figlio di Don Vito Ciaincimino, l’uomo che per decenni ebbe contatti con i maggiori boss della mafia, da Bontade a Provenzano a Riina, ha presentato il suo libro, scritto a quattro mani con il giornalista Francesco la Licata, nel quale racconta la sua verità sui fatti di mafia che videro coinvolto suo padre. Non un pentito, non un collaboratore di giustizia, ma come lui stesso ha precisato, solo uno che risponde alle domande dei magistrati per permettere al figlio di vivere una vita tranquilla e non sotto scorta. 
Massimo Ciancimino, ovvero uno che ha dovuto chiedere scusa alla città di Palermo per conto di suo padre. A seguire il dibattito c’era l’altra Sciacca. Nel vero senso del termine. Non c’erano i cosiddetti uomini di cultura paesani, forse troppo snob per apparire come semplici spettatori, ma sempre pronti a contendersi il titolo di "storico e letterato". non c’erano politici, né di destra e neppure di sinistra, evidentemente troppo impegnati davanti la Tv per vedere se nel frattempo è arrivata qualche lettera anonima a qualche amministratore locale e poter scrivere un comunicato di solidarietà. Perché una solidarietà scritta non si nega a nessuno, non costa niente, e poi, vuoi mettere... ti serve per farti pubblicità. Non c’era il sindaco e neppure un assessore, a parte un ritardatario Gianfranco Vecchio arrivato giusto in tempo per timbrare la sua presenza con una domanda. Sarà che la giunta di sinistra, a furia di cambiare è diventata qualunquista, o sarà che gli amministratori erano impegnati con gli impianti fotovoltaici? Non c’erano consiglieri comunali, e non c’erano i professionisti dell’antimafia, quelli che dicono che la mafia bisogna combatterla, però quando hanno davanti un uomo che testimonia ai processi contro Riina preferiscono starsene a casa, non si sa mai! E così, con l’Altra Sciacca seduta ad ascoltare, quella degli uomini e donne che non scrivono comunicati, ma che leggono libri e magari qualche quotidiano, Ciancimino ha parlato della sua vita, di quella di suo padre e di ciò che si dovrebbe fare per combattere la mafia.  

lunedì 17 gennaio 2011

SENZA PAROLE







RAGUSA: MORIRE PER CINQUE EURO

Quando l'essere onesti non ha prezzo! Si è impiccato, a trentanni, perché accusato di aver speso un buono sconto di cinque euro, dal supermercato Conad annesso al centro commerciale, dove lavorava come addetto alle vendite, e per questo, un mese fa era stato licenziato.
E ieri sera al corteo nel piazzale – parcheggio del centro commerciale Le Masserie di Ragusa, per rendere omaggio a Paolo Cannì c'erano amici e gente comune.  Appena sette ore prima erano stati celebrati, nella chiesa di San Pio X, i funerali del giovane.
A quanto pare il licenziamento era scattato perché Paolo Cannì aveva speso 5 euro di buoni sconto per compare un regalo al figlio di quattro anni. Anche altri colleghi avevano fatto lo stesso, ma per nessuno era scattato il licenziamento. Ma il giovane non ce l’ha fatta a sopportare di essere additato e ha preferito farla finita; lo stesso giorno in cui aveva firmato l’impugnativa al licenziamento assieme al segretario provinciale della Uil Tucs, il sindacato di cui Paolo Cannì era componente attivo. Ci eravamo sentiti fino a poche ore prima con il ragazzo – ha dichiarato Angelo Gulizia, segretario generale della Uil Tucs– ed insieme eravamo andati dall’avvocato per concordare l’impugnativa contro il licenziamento. Il ragazzo era provato, amareggiato, ma nessuno avrebbe mai potuto neanche immaginare che si sarebbe spinto così oltre. A Paolo non era stata concessa neanche la possibilità di avere un’audizione sindacale con il datore di lavoro"

 Questa storia mi riempie di tristezza. 

lunedì 3 gennaio 2011

NON BASTA UNA SCRITTA SUL CARTELLO STRADALE...

I consiglieri comunali Francesco Fiorino e Giuseppe Ambrogio hanno presentato all'amministrazione comunale una mozione di indirizzo per cambiare il nome della città da Sciacca a Sciacca Terme.
I due consiglieri del PD sostengono che le Terme di Sciacca sono tra le più rinomate in Europa, conosciute ed apprezzate fin dai tempi degli antichi greci e rappresentano certamente una delle più importanti risorse della nostra città, grazie alle proprietà terapeutiche dei suoi fanghi, bagni, vapori e inalazioni, e propongono quindi che il Consiglio Comunale esprima un indirizzo volto ad impegnare l’Amministrazione a porre in essere tutti i provvedimenti necessari per procedere alla modifica del nome della nostra città.
Storia Vecchia!
Ci provò il sindaco Ignazio Cucchiara con un referendum, «L'aggiunta di Terme al nostro toponimo - dichiarò Cucchiara - consentirà finalmente ai nostri concittadini di identificarsi nella risorsa più importante del territorio, quella termale, e di affermare la tradizione che vede Sciacca conosciuta in tutto il mondo proprio per le sue terme». Ma senza successo, i cittadini, quei pochi che votarono, dissero di no, anzi non fu raggiunto il quorum al referendum popolare per il cambiamento del nome della citta' di Sciacca in Sciacca Terme. Alle ore 22 di quel fatidico giorno termale, aveva votato solo il 28% degli aventi diritto, cifra lontana dalla soglia minima del 50% piu' uno, necessaria per la validita' della consultazione. Per Cucchiara si era persa un'occasione storica.
Adesso i due consiglieri ci riprovano, ma, come disse qualcuno,  una scritta su un cartello stradale non può cambiare le sorti di una comunità. Sciacca o Sciacca terme, le buche restano, le fogne pure e la sporcizia non diminuisce!

E' DELL'OSPEDALE DI MENFI L'IMMOBILE IN CUI NESSUNO PAGA L'AFFITTO

Scoppia il caso degli immobili di proprietà dell’Azienda sanitaria provinciale di Agrigento dimenticati o nei quali gli inquilini non pagano l'affitto perché la stessa azienda si è proprio dimenticata di possederli.
La patata bollente la lanciò l'assessore alla sanità Massimo Russo dichiarando che l'ASP di Agrigento possiede oltre 200 immobili, alcuni dei quali a Roma e in cui abitano un famoso regista televisivo agrigentino e una nota attrice ed ha annunciato una indagine sul numero di immobili di proprietà delle Aziende sanitarie provinciali. Alla domanda, però se il noto regista tv, autore di numerosi programmi televisivi della Rai, e l’attrice pagassero l’affitto equo alle abitazioni, l’assessore Russo ha allargato le braccia: “In alcuni casi - ha spiegato - le locazioni sono basse o quasi nulle”, senza però specificare a chi facesse riferimento. Ma tutti hanno capito che si tratterebbe di Michele Guardì. I beni di proprietà delle aziende sanitarie siciliane sono costituti soprattutto da lasciti, ecco perché ci sono anche feudi e diversi terreni e con l’alienazione di alcuni di questi beni si riuscirebbe ad incassare almeno 845 milioni di euro. Proprio ieri poi, è scoppiato il caso del palazzo di Palermo di proprietà dell'azienda sanitaria provinciale di Agrigento i cui inquilini dal 1978 non pagano gli affitti all'ente. Ebbene, quell'immobile sito in piazza marina 87, di mq 495, costituito da piano terra, ammezzato, primo e secondo piano è di proprietà dell'ospedale di Menfi, un nosocomio che nel 1967 aveva un patrimonio derivante da donazioni di 1 miliardo e 800 milioni di lire e che entrò nella disponibilità delle usl al momento della loro costituzione (1983) Il palazzo fu donato dal dottor Giuseppe Giambalvo, assieme a quello di via Favara-piazza delle Stimmate e di una tenuta agricola in Ventimiglia Sicula. Adesso l'amministrazione comunale di Menfi mette a disposizione dell'assessorato alla Sanità tutta la documentazione storica necessaria per la ricognizione dei beni donati dai menfitani all'ex Ospedale di Menfi e vedere, magari, se anche nei beni di proprietà dell'ospedale di menfi ci sia qualche regista o attore che non paga l'affitto.