venerdì 22 ottobre 2010

LA PIU' VECCHIA LETTERA DI "SCROCCO"

Il “pizzo” è vecchio almeno quanto l’Unità d’Italia e se ne hanno notizie, finora non documentate, sin da quando la mafia operava nelle sue forme primordiali.
Una recente scoperta dello storico Vincenzo Prestigiacomo, che ha trovato a Palermo la prima “lettera di scrocco”, datata 1897 indirizzata al barone d'onofrio, prova che a cavallo fra Ottocento e Novecento le famiglie mafiose, anche sulla spinta del boss Vito Cascio Ferro rientrato dagli Usa, per rimpinguare le proprie casse decisero di taglieggiare a tappeto tutte le famiglie aristocratiche e facoltose della città, i cui beni finora erano stati “protetti” dai campieri e dagli stessi mafiosi, che a quell’epoca dilapidavano enormi ricchezze per sfoggiare un lusso sfrenato.
Prestigiacomo, nel volume “Vita mondana e Mano Nera nella Palermo della Belle Epoque”, pubblica numerosi documenti inediti e ricostruisce tredici anni di gesta della “Mano Nera”, dai nobili imbarazzati che cedevano ai ricatti ai tentativi di “aggiustamento” presso i capi della “famiglia” di San Lorenzo, anche allora la più potente; dagli atti intimidatori contro chi non pagava al primo sequestro di persona a danno di una bambina; dalle omertà su questa “pestilenza” che si cercava di celare mantenendo etichette e vita mondana ai primi omicidi “eccellenti” frutto di una già allora consolidata collusione tra boss e istituzioni.
Questa ricostruzione storica, che evidenzia l’uso della richiesta indifferenziata di “pizzo” a chiunque abbia disponibilità economiche, aiuta anche a spiegare in parte come mai, nonostante i pesanti colpi inferti dallo Stato a Cosa nostra negli ultimi anni, il fenomeno delle estorsioni non stia conoscendo ancora flessioni.