mercoledì 29 dicembre 2010

IN ITALIA, UNO STRANIERO SU DUE DICHIARA MENO DI 10,000 EURO

In Italia uno straniero su due dichiara al fisco meno di 10 mila € e il reddito medio dichiarato ammonta a 12.639€, 6.755 € in meno di quanto dichiarato dagli italiani. Essi sono il 7,8% di tutti i contribuenti e dichiarano il 5,2% dei redditi nazionali. Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lazio sono le regioni in cui gli stranieri dichiarano i redditi più elevati. Questi alcuni dei risultati di un’indagine realizzata dalla FONDAZIONE LEONE MORESSA che ha analizzato le dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche in base al paese di nascita dei contribuenti per l’anno di imposta 2008 fornite dal Ministero delle Finanze. 40 miliardi di € è l’ammontare di reddito complessivamente dichiarato dagli oltre 3 milioni di contribuenti nati all’estero. Ciò significa che, in termini percentuali, essi rappresentano il 7,8% dei contribuenti totali
e certificano il 5,2% dell’intera ricchezza prodotta; dal 2005 il volume dichiarato e il numero di contribuenti sono cresciuti quasi nella stessa proporzione: +32,8% nel primo caso e + 32% nel secondo.
Differenze di genere: il 40,9% dei contribuenti nati all’estero è donna e contribuiscono per appena un
terzo dei redditi degli stranieri. Esse infatti dichiarano mediamente appena 10mila €, contro i 14mila €
degli uomini.
Tipologie dei redditi dichiarati: l’88% degli stranieri dichiara redditi da lavoro dipendente e assimilati, mentre appena il 19% compila anche la sezione del modello relativa ai terreni e fabbricati (quando per gli italiani si tratta dell’81,7%). In media si calcola come per i redditi da lavoro dipendente l’ammontare annuo si attesti a 12.342 €, 5mila € in meno degli italiani. Classi di reddito: la metà dei contribuenti nati all’estero dichiarano meno di 10mila €, mentre se si tratta di soggetti nati in Italia la percentuale scende al 33,1%. In termini di percentuali cumulate, il punto mediano della distribuzione dei redditi degli stranieri si posiziona nella classe da 0 a 10mila €, mentre per gli italiani, tra i 15mila e i 25mila €.
Provenienza: il Paese da cui proviene il maggior numero di contribuenti stranieri è la Romania: qui è nato il 17,6% di tutti i contribuenti stranieri, seguiti da Albania e Marocco. Ma se i primi dichiarano mediamente 8.761€, per i secondi si tratta di 11.828€ e per i terzi di 10.915€. In quanto al genere, la Moldavia è il paese che annovera la maggior percentuale di donne contribuenti (67,4%) e sono i Paesi dell’Est Europa ad aver visto aumentare di più il numero di donne dal 2005: +143,6% dalla Romania e +113,6% dalla Moldavia.
Differenze regionali: la presenza dei contribuenti nati all’estero è più alta nelle aree del Nord, più
contenuta nel Mezzogiorno. Quasi il 20% dei dichiaranti stranieri si concentra in Lombardia seguito,
distaccato di alcuni punti percentuali, da Veneto (11,3%), Emilia Romagna (10,5%) e Lazio (9,6%). Il
Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia si distinguono per la più elevata densità di contribuenti nati
all’estero rispetto ai contribuenti totali. A guadagnare di più sono i contribuenti stranieri che vivono in
Lombardia con oltre 15.000 € di reddito, seguiti a ruota dal Friuli Venezia Giulia (14.225 €), Piemonte
(13.419 €) e Lazio (13.330 €). Ma è al Nord che si evidenziano i maggiori gap retributivi con gli italiani.
“La quantificazione dei contribuenti stranieri e dei redditi da loro dichiarati” affermano i ricercatori della
FONDAZIONE LEONE MORESSA “permette di confermare ancora una volta come gli stranieri siano
– e con ogni probabilità continueranno sempre più ad essere – una parte importante della struttura sociale del nostro Paese. Studiare questo fenomeno significa comprendere come gli stranieri contribuiscano alla crescita complessiva dell’economia nazionale, non dimenticando come ci si potrebbe aspettare un’incidenza addirittura più elevata se solo il lavoro sommerso venisse regolarizzato; operazione, questa, a tutela degli immigrati, ma anche a beneficio dell’intera collettività.”

mercoledì 15 dicembre 2010

MARIANO ROSSI... DA SCIACCA

Il 24 ottobre del 1807, moriva a Roma il pittore saccense Mariano Rossi, conosciuto  soprattutto per aver affrescato con “Camillo che scaccia i Galli” la Volta del salone d'ingresso della palazzina di Villa Borghese a Roma; per aver dipinto “il Sogno di Papa Innocenzo III” nella chiesa di S. Maria all'Ara Coeli, e, su commissione del Re di Napoli Ferdinando IV, aver decorato la Volta del salone che fa da anticamera agli appartamenti reali della Reggia di Caserta. In questo salone, il pittore saccense raffigurò “Le nozze di Alessandro Magno con Rossana”.
Ma le opere di Mariano Rossi, riconosciuto come uno dei maggiori pittori del 700 italiano, ed oggi in esposizione al Museo del Louvre di Parigi, si trovano in tutta Italia. E soprattuto in Sicilia. Fu lui, che nel 1802 ricevette l'incarico di decorare la Cattedrale di Palermo. Gli affreschi, secondo il disegno orginale, dovevano ricoprire il catino dell'abside, la volta del coro, la cupola e la navata centrale, e dovevano rappresentare idealmente, il ristabilimento della religione cristiana in Sicilia ad opera dei Normanni. Mariano Rossi non terminò tutto il lavoro, ma ancora oggi si possono ammirare gli affreschi nel catino dell'abside dove sono rappresentati Roberto il Giuscardo e il Conte Ruggero che restituiscono la chiesa al vescovo Nicodemo e nella Volta del coro, dove è dipinta l'Assunzione di Maria Vergine. L'occasione di affrescare la Cattedrale di Palermo gli venne data nel 1978, quando, insieme a Ferdinando IV fuggì da Napoli per recarsi a Palermo. E' in questa occasione che “il degno e celebre pittore don Mariano Rossi che fortunatamente si trova in questa città” ricevette dal sovrano l'incarico di decorare gli interni della Cattedrale. Per quel lavoro, avrebbe percepito uno stipendio annuo di 60 onze. Ma dopo due anni e dopo aver affrescato il catino dell'abside e la Volta del coro, il pittore saccense venne sospeso dall'incarico perchè considerato inadempiente ai suoi doveri. Ma chi era questo pittore? Mariano Rossi nacque a Sciacca da Francesco Russo e da Margherita Cottone l'8 dicembre 1731. In seguito cambiò il cognome in Rossi. Fin da piccolo comincia ad apprendere i primi rudimenti dell'arte pittorica presso la bottega del suo compaesano Gaspare Testone. Questi, avendo intuito le grandi potenzialità del giovane Rossi, e grazie ai buoni uffizi di Don Gioacchino Manno, Barone di Lazzarino, lo avvia a Palermo alla scuola di Filippo Randazzo.
Alla morte di questi, avvenuta nel 1747 Mariano Rossi parte della volta di Napoli, dove rimane quasi tre anni, per poi trasferirsi a Roma, accolto dal sacerdote Antonio Pavone che lo inserisce nella bottega di Marco Benfial. Da qui parte la fortuna e la fama del giovane Mariano Rossi che a soli 23 anni, il 10 maggio 1754 al concorso di pittura indetto dall'Accademia di San Luca, ottiene il secondo premio con il disegno raffigurante Elia che ordina al popolo l'arresto dei falsi profeti di Baal. La proclamazione ufficiale avviene sei mesi dopo con una solenne celebrazione in Campidoglio. La fama del giovane pittore siciliano comincia a crescere a tal punto che il 5 ottobre del 1766 viene accolto fra i membri dell'Accademia di San Luca e il 21 dicembre si insedia nella carica. Il lavoro non manca mai, e gli anni che vanno dal 1764 al 1768 Mariano Rossi li dedica, soprattutto, ad affrescare la chiesa di San Giuseppe alla Lungara, a Roma. Vi dipinge l'Adorazione dei Magi, la Strage degli innocenti, tredici riquadri con la scena centrale di Cristo nell'orto e, lateralmente, i dodici apostoli. E ancora, quattro tondi con la nascita del Redentore, lo sposalizio della Vergine, Gesù nella bottega di Giuseppe, e la morte di Giuseppe. Ma in quegli anni lavora anche in Sicilia. A Sciacca, nella chiesa delle Giummare, dipinge l'Assunzione della Vergine con S. Benedetto e, lateralmente, due riquadri con i santi Pietro e Paolo, mentre nel presbiterio raffigura la Santissima Trinità. Sempre per le chiese di Sciacca realizza “La Vergine e le Anime purganti” per la chiesa del Purgatorio, e per la chiesa di San Francesco di Paola la Madonna della Luce ed i dipinti con la Deposizione la Sacra Famiglia. Questi ultimi tre, restaurati, sono oggi esposti nell'ex chiesa di Santa Margherita, nell'ambito di una mostra dedicata al Rossi. Le tre grandi tele sono accompagnate da un omaggio che sette pittori saccensi hanno voluto dedicare al maestro. Favorito dalla crescente fama e dalle segnalazioni del Cardinale Alessandro Albani, il Rossi, nel 1770, è chiamato a Torino dal duca di Savoia e Re di Sardegna Carlo Emanuele III. In quella città, nell'appartamento estivo del re, dipinge un affresco rappresentando in maniera allegorica le arti della pittura, della scultura, dell'architettura e del disegno, due dipinti per le camere delle principesse Madama di Savoia e Maria Felicita e un cartone per un arazzo con Enea che salpa verso il Chersoneso.
Finito il lavoro, rientra a Roma, e il 3 febbraio 1772 per procura, sposa la cugina Rosa Navarra dalla quale avrà tre figli, Tommaso, Arcangelo e Teresa. Solo Tommaso si dedicherà alla pittura, ma non riuscirà ad eguagliare il padre. Nel 1774 dipinge quello che è considerato il suo capolavoro. In quell'anno riceve dal cardinale Scipione Caffarelli Borghese l'incarico di decorare la Volta del salone d'ingresso nella palazzina di Villa Borghese. La Volta misura 19 metri di lunghezza per 13 metri di larghezza. L'affresco rappresenta l'apoteosi di Romolo accolto da Giove nell'Olimpo, mentre propizia la vittoria dell'eroe romano Furio Camillo contro i Galli, guidati da Brenno. Il tema sembra che fu scelto in occasione della nascita del primogenito di Marcantonio IV Borghese. Nel dipinto viene raffigurato Camillo che arriva con la spada sguainata sul colle capitolino rovesciando la bilancia su cui all'oro dei romani fa da contrappeso la spada di Brenno  che, caduto a terra, alza il braccio destro per proteggersi. I lavori per questo grandioso affresco lo impegnarono dall'ottobre del 1776 al giugno del 1779 e alla fine ricevette un compenso di 4800 scudi.
Ma gli eventi storici e la rivoluzione napoleonica condizionarono la vita del Rossi. Nel 1979 nel corso di un tumulto provocato da alcuni rivoluzionari italiani e francesi, venne ucciso un generale francese. Questo fornì il pretesto per una la cosiddetta occupazione francese di Roma. Il generale Berthier marciò sulla città, occupandola senza incontrare resistenza e dandosi poi al saccheggio dei tesori d’arte del Vaticano. Ridottosi quasi in miseria in seguito all'arresto di Papa Pio VI da parte dei francesi, Mariano Rossi si rifugiò in Sicilia al seguito di Ferdinando IV di Borbone e vi rimase fino al 1804. In questi ultimi due anni dirigerà l'Accademia del Disegno di Palermo. Nel 1806 viene richiamato dal Sovrano a Caserta, ma in seguito all'ingresso delle truppe francesi, che ormai, con Napoleone avevano invaso l'Italia, si rifugia a Roma dove muore in solitudine, il 24 ottobre 1807, non volendo lavorare per i nuovi signori francesi. E' sepolto nella chiesa di Santa Susanna.

LA GUERRA DELL' ALBERO DI NATALE

Il Natale a Sciacca, si è trasformato in una vera e propria guerra politica, con maggioranza e opposizione che chiedono all'amministrazione comunale di rimuovere l'albero di Natale posizionato in piazza Scandaliato. Insomma, quell'albero di Natale, che in verità sembra una tenda indiana con appiccicati rifiuti in plastica (piatti, bottiglie, ruote di bicicletta), non piace a nessuno. E la querelle si sposta pure sul social network Facebook, dove i commenti vanno dal “ma che schifo è” al più diretto “orrendo” fino alle spiegazioni ironiche del tipo “Penso che stiano cercando di far vedere come risolvere i problemi di Napoli”. Nei giorni scorsi i consiglieri comunali del PD, Simone Di Paola, Maurizio Grisafi e  Giuseppe Ambrogio, che peraltro appoggiano la giunta guidata dal sindaco Vito Bono, in una nota, avevano preso le distanze dall'iniziativa e parlano di “limite del buon gusto e dell'estetica travalicato”, di “bruttura che oltraggia la piazza Scandaliato”. I tre esponenti del PD hanno chiamato in causa perfino la Sovrintendenza ai beni culturali chiedendosi come ha potuto tollerare un simile intevento” e chiedendo, senza mezzi termini, la sostituzione dell'attuale albero con uno più convenzionale e gradevole. Ma non solo quelli del PD, anche il gruppo consiliare “Leali per Sciacca” con Michele Patti si associa alla nota dei tre consiglieri comunali e dichiara che “se l'amministrazione comunale non è in grado di provvedere ad un albero di Natale tradizionale, il gruppo consiliare si renderà disponibile a trovarne uno adatto allo spirito natalizio, lasciando all'amministrazione comunale il solo costo del trasporto”. Laconica la replica affidata all'assessore allo spettacolo Michele Ferrara che difende quella che lui stesso ha definito,  “l'opera d'arte” collocata in piazza Scandaliato. Alla faccia: se questa è un'opera d'arte... sarà un messaggio per la raccolta differenziata (c'entra la Sogeir) sarà un messaggio ecologico, ma che sia brutto è brutto! Candidiamola per l'opera più brutta dell'anno!!