martedì 16 giugno 2009

UN SALUTO A IVAN DELLA MEA

È morto sabato notte all'ospedale San Paolo di Milano il cantautore, poeta e scrittore Ivan Della Mea. Aveva 69 anni. La cerimonia per dargli e l’ultimo saluto è stata oggi, presso il Circolo Arci Corvetto, di cui è stato presidente, in via Oglio 21 a Milano. Non molto famoso per molti, ma un mito per alcuni. Comprai il primo disco di Ivan della Mea a Brescia, durante una "festa dell'unità", poi altri titoli, ma quello che amavo di più era il suo disco "il rosso è diventato giallo".
Nato a Lucca il 16 ottobre 1940, si era presto trasferito a Milano dove, insieme a Gianni Bosio, fu tra i fondatori del Nuovo canzoniere Italiano. Dagli anni '90 era direttore dell'Istituto Ernesto De Martino di Sesto Fiorentino.
Insieme a personaggi come Giovanna Marini, Paolo Pietrangeli, Della Mea con i Dischi del Sole, una collana fondamentale per la cultura italiana, ha documentato una stagione in cui la musica accompagnava, da un lato, i fermenti giovanili degli anni '60 e, dall'altro, testimoniava dello stretto legame tra la politica della sinistra e le lotte del nostro Paese. A quel tempo, alla fine degli anni 70 io viaggiavo fra Sciacca e Brescia, e avevo una idea precisa della sinistra. Erano i tempi delle lotte, degli articoli sul quotidiano "L'Ora" e di qualche telefonata di "minacce". Oggi siamo ridotti al "democratico" che per fortuna, non è ancora "cristiano"

Il suo vero nome era Luigi e la sua attività si è svolta pressoché interamente a Milano, dove si era trasferito giovanissimo e dove ha cominciato a scrivere canzoni. Di quel periodo, il brano più famoso è Cara Moglie. Per la sua carriera di autore e di militante l'incontro fondamentale è stato quello con Gianni Bosio. Negli anni '90 è stato anche il direttore dell'Istituto De Martino, uno delle più prestigiose istituzioni dell'antropologia musicale italiana. Tra i titoli più famosa della sua discografia il Rosso è diventato giallo, Se qualcuno ti fa morto, La nave dei folli, La piccola ragione di allegria.

Un saluto al grande Ivan Della Mea, che ha accompagnato con i suoi disci, insieme a Claudio Lolli e pochi altri, la mia gioventù.

lunedì 15 giugno 2009

NON C'E' DUE SENZA TRE?


Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad il 25 maggio 2008 ha detto che le relazioni del suo Paese con l'Italia «sono buone”. Insomma, detto dall’ex pasdaran della rivoluzione di Khomeini, che partecipò nel 1979 al sequestro di 444 ostaggi americani nell’ambasciata a Teheran, c’è da credergli. Anche se la sua “vacanza romana” non è stata da ricordare.
Muammar Gheddafi che ha concluso da poco la sua vacanza a Roma, è venuto in Italia per "dare seguito al consolidamento delle relazioni tra i due Paesi, dopo la firma del Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia il 30 agosto dello scorso anno a Bengasi da parte del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il colonnello". Anche qui, proteste. Però è venuto in Italia.
Adesso ci manca solo il generalissimo Than Shwe, capo della giunta militare in Birmania che viene in Italia ad incontrare il nostro premier, e forse, finalmente, molti capiranno che stiamo andando verso una repubblica di chiaro stampo fascista.

venerdì 12 giugno 2009

COLA PESCE ESISTE DAVVERO

di Accursio Soldano
Se navigando per il mediterraneo, lungo le coste della Sicilia, vi imbatterete in una forma strana di pesce, non preoccupatevi, potrebbero essere i figli di Cola e di una Ninfa. Perché, gli uomini pesce esistono veramente e già nel 1726, uno studio ne accertava l’esistenza.
In verità le leggende che riguardano la Sicilia sono molte. Secondo il poeta Pindaro (Pitiche, I, versi 13-28), come già Eschilo (Prometeo incatenato, versi. 351-372), il gigante Tifeo giaceva sotto l'intera regione compresa tra l'Etna e Cuma, collegando in questo modo i fenomeni vulcanici campani con quelli della Sicilia.
La leggenda dice che la Sicilia è sorretta da questo gigante, che osò lottare contro Zeus e impadronirsi della sede del cielo. E per questo motivo venne condannato a questo supplizio. Sopra la sua mano destra stava Peloro (Messina), sopra la sinistra Pachino, e mentre Lilibeo gli comprimeva le gambe, sopra la testa era posato l'Etna. Le eruzioni del vulcano, secondo la leggenda, erano dovute alla rabbia di Tifeo che dal fondo del mare proiettava sabbia e vomitava fiamme dalla bocca. Spesso si sforzava di smuovere il peso e di scrollarsi di dosso le città e le grandi montagne: allora la terra tremava. Il mito di Tifeo, venne citato e sfatato, addirittura da Dante Alighieri che lo inserì nella sua Divina Commedia in una quartina nell'ottavo canto del Paradiso.
Ma a sfatare ancor di più questa leggenda, arrivò un frate spagnolo, Benito Jeronimo Feijo che rivisitando le leggende siciliane scrisse un'opera in nove volumi pubblicati dal 1726 al 1740 e arrivò a sostenere l'esistenza degli uomini-pesci. Questi, in linea di principio, secondo le teorie del monaco, sono veri e propri esseri umani che un bel giorno hanno risposto alla chiamata delle acque.
Nel sesto volume del suo “Teatro Critico Universal”, pubblicato nel 1726, il frate abbonda in dettagli e addirittura svela i nomi di coloro che in qualche modo gli hanno fatto perdere quel carattere di scetticità che lo accompagnava, fino ad ammettere la possibilità dell'esistenza degli uomini pesce. Al punto che, per giustificare la leggenda di Francisco de La Vega, l’uomo-pesce di Lierganes, il frate porta come esempio, la storia di Cola Pesce.
La leggenda racconta che, Cola passava più tempo in mare che sulla terra ferma. Conosceva le ninfe e seguiva le sirene. Per questo motivo, i messinesi lo chiamarono Cola Pesce. Federico II, avendo ricevuto notizie delle strabilianti imprese di questo ragazzo, lo volle mettere alla prova promettendogli grandi doni e la mano della principessa se avesse superato tre prove. Il re, dal Palazzo Reale, gettò una prima volta, nel tratto di mare sottostante, un vaso d'oro e invitò Cola Pesce a ripescarlo. Il pescatore, dopo essersi tuffato, riaffiorò con in mano il vaso d'oro lanciato una prima e una seconda volta.
Al terzo tentativo, che era quello decisivo, Cola Pesce rimase in fondo al mare e non riapparve più in superficie. In realtà egli non era morto ma successe che, giunto in fondo al mare, si era accorto che una delle tre colonne, la colonna Peloro che, secondo la leggenda era sostenuta da Tifeo, si era incrinata e stava per spezzarsi con la conseguenza che Messina potesse sprofondare da un momento all'altro. Fu così che decise di rimanere in fondo al mare, per sostenere sulle sue spalle la colonna di Capo Pelòro.
Forte di questo racconto, e delle notizie apprese sul conto dell'uomo di Lierganes, fatti i dovuti riscontri con i testimoni oculari dell'epoca, il monaco spagnolo, lasciando da parte ogni inclinazione verso i dettami della dottrina della Chiesa, arrivò ad ammettere l'esistenza degli uomini pesce.
Secondo Feijoo, ad una naturale inclinazione verso il mare ed una speciale predisposizione per il nuoto, si aggiunge la pratica continuata, tanto dell'esercizio natatorio come della ritenzione della respirazione. Tutto questo porta a risultati sorprendenti, come quelli che riuscirono ad ottenere Francisco de la Vega e Cola Pesce. Che esistono veramente e vivono nelle profondità degli oceani.
In più, accertata la possibilità di esistenza di questi individui, secondo il monaco spagnolo risulta naturale che uomini e donne con queste abilità, avessero dato vita ad una razza di uomini-pesce.
Insomma, nel mediterraneo, ancora oggi ci si può imbattere in strani esseri, metà uomo e metà pesce. Niente di anormale: potrebbero essere i figli di Cola e di una Ninfa.

giovedì 11 giugno 2009


di Accursio Soldano
Vito Bono, elegante medico, con la passione di camminare a piedi, comprare i giornali all’edicola Coco di via cappuccini e fare colazione nel bar di fronte, (pagando sovente caffè, più per gentilezza e bontà d'animo che per altro) è il nuovo sindaco di Sciacca ed è stato eletto direttamente al primo turno ottenendo il 51,5% dei consensi.La candidatura di Vito Bono, supportata da 5 liste, ha avuto la meglio su quelle di Mario Turturici, sindaco uscente e appoggiato dal PdL, che ha avuto il 33% dei voti, su quella di Giuseppe Bono, a capo della lista “Bono Sindaco” che ha superato il 6 %, su quella di Alfredo Ambrosetti, esponente dell’UdC che ha realizzato il 5,7%, su quella dell’avvocato Stefano Scaduto della lista “Popolari per Sciacca” (1,9%) e su quella, infine, di Simone Lucchesi Palli, candidato dell’IdV che, supportato dal deputato nazionale Ignazio Messina arriva solo all’1%, segnando la fine (almeno a Sciacca) dell'influenza messiniana.

Ma, a dispetto di quel che si possa pensare dai numeri, non è stata una battaglia politica. E’ stata la lotta fra il sindaco uscente Mario Turturici, accompagnato da diffusi commenti di "è antipaticu" e Vito Bono, accompagnato dall’epiteto di “bravu cristianu”.

Se lotta politica c’è stata, i simboli dei partiti erano veramente pochi.

Vito Bono ha già ringraziato quanti lo hanno sostenuto ed ha promesso che rimarrà quello di sempre, ossia “un sindaco tra la gente, il sindaco di tutti, anche di quelli che non lo hanno votato, e soprattutto, indipendente”.
Ma c’è un altro dato che accompagna le elezioni saccensi da almeno 20 anni a questa parte. Per battere il centro destra, non deve candidarsi la sinistra, quando l’ha fatto, ha sempre perso. Ha perso candidandosi contro Ignazio Messina che si presentava, prima con un movimento politico, La Rete, e poi con la Lista Messina, ha perso quando la sinistra si è schierata contro Ignazio Cucchiara che ha presentato una lista civica alternativa alla sinistra, ed ha perso contro Mario Turturici cinque anni fa. Siamo seri: l'ultimo candidato a sindaco, veramente di sinistra, è stato Siso Montalbano. Poi solo alieni!
Vito Bono ha dichiarato sin da subito che è il primo sindaco indipendente a vincere le elezioni. Elezioni nelle quali, ancora una volta, la sinistra di Sciacca, che oggi festegia, ha perso in partenza, non presentando neppure il simbolo del partito e con i suoi iscritti disseminati in varie liste. Se c’è qualcuno che ha vinto, parlando di partiti, questo è l’MPA di Marciante e Turco, che con Cusumano e Montalbano formano il “nuovo” che ritorna.
Tutti gli altri candidati si sono spartiti la parte rimanente della torta: accettabili i risultati di Giuseppe Bono e di Alfredo Ambrosetti, deludenti quelli di Stefano Scaduto, molto scarsi quelli di Simone Lucchesi Palli.Adesso, finiti i festeggiamenti, inizia la corsa alle poltrone e alle alleanze. Vito Bono ha dichiarato che è un uomo e un sindaco indipendente, senza nessuna tessera di partito, ed io gli credo perché l'ha dimostrato. Ciò significa che non dovrebbe tenere conto delle alleanze in campagna elettorale e scegliere gente competente in ogni settore della vita pubblica.
Ma naturalmente, tutti, i fantapolitici saccensi di sinistra, centrosinistra, centro del centro sinistra, di centro e di destra, fra poco cominceranno a portare le fatture per riscuotere la poltrona.
Una nota a margine molto personale. Mi sono accorto che il sindaco Vito Bono, nelle due o tre volte che ci siamo visti, mi ha appena accennato un saluto, quasi irritato.
Mi auguro che questo sia dovuto al fatto che IO abbia detto o fatto qualcosa che ha offeso la persona Vito Bono (cosa che non ho mai fatto) e che il passaggio da “accù, vuoi il caffè” ad un saluto appena accennato e infastidito non sia dovuto alla mia scelta di candidarmi in una lista contraria alla sua coalizione. Nel primo caso potrei anche accettare il cambio d'umore, nel secondo, mi verrebbe difficile capirlo.
In ogni caso, chiarisco fin da adesso (nel caso qualcuno avesse questo timore) che non ho nessuna intenzione di “presentarmi” davanti la porta a chiedere l'elemosina. Né come persona e tantomeno come giornalista. Per questo lascio il posto a qualche mio collega abituato alle questue.
Faccio gli auguri di buon lavoro al nuovo sindaco, sperando di incontrare al bar Vito Bono.

lunedì 8 giugno 2009

LA "COSA BERLUSCONI" VISTO DA SARAMAGO


di Josè Saramago (Premio Nobel per la letteratura)

No veo qué otro nombre le podría dar. Una cosa peligrosamente parecida a un ser humano, una cosa que da fiestas, organiza orgías y manda en un país llamado Italia. Esta cosa, esta enfermedad, este virus amenaza con ser la causa de la muerte moral del país de Verdi si un vómito profundo no consigue arrancarlo de la conciencia de los italianos antes de que el veneno acabe corroyéndole las venas y destrozando el corazón de una de las más ricas culturas europeas. Los valores básicos de la convivencia humana son pisoteados todos los días por las patas viscosas de la cosa Berlusconi que, entre sus múltiples talentos, tiene una habilidad funambulesca para abusar de las palabras, pervirtiéndoles la intención y el sentido, como en el caso del Pueblo de la Libertad, que así se llama el partido con que asaltó el poder. Le llamé delincuente a esta cosa y no me arrepiento. Por razones de naturaleza semántica y social que otros podrán explicar mejor que yo, el término delincuente tiene en Italia una carga negativa mucho más fuerte que en cualquier otro idioma hablado en Europa. Para traducir de forma clara y contundente lo que pienso de la cosa Berlusconi utilizo el término en la acepción que la lengua de Dante le viene dando habitualmente, aunque sea más que dudoso que Dante lo haya usado alguna vez. Delincuencia, en mi portugués, significa, de acuerdo con los diccionarios y la práctica corriente de la comunicación, "acto de cometer delitos, desobedecer leyes o patrones morales". La definición asienta en la cosa Berlusconi sin una arruga, sin una tirantez, hasta el punto de parecerse más a una segunda piel que la ropa que se pone encima. Desde hace años la cosa Berlusconi viene cometiendo delitos de variable aunque siempre demostrada gravedad. Para colmo, no es que desobedezca leyes, sino, peor todavía, las manda fabricar para salvaguarda de sus intereses públicos y privados, de político, empresario y acompañante de menores, y en cuanto a los patrones morales, ni merece la pena hablar, no hay quien no sepa en Italia y en el mundo que la cosa Berlusconi hace mucho tiempo que cayó en la más completa abyección. Éste es el primer ministro italiano, ésta es la cosa que el pueblo italiano dos veces ha elegido para que le sirva de modelo, éste es el camino de la ruina al que, por arrastramiento, están siendo llevados los valores de libertad y dignidad que impregnaron la música de Verdi y la acción política de Garibaldi, esos que hicieron de la Italia del siglo XIX, durante la lucha por la unificación, una guía espiritual de Europa y de los europeos. Es esto lo que la cosa Berlusconi quiere lanzar al cubo de la basura de la Historia. ¿Lo acabarán permitiendo los italianos?

Articolo di El Pais 6 giugno 2009


Non vedo che altro nome si possa dare. Qualcosa di pericolosamente vicino ad un essere umano, una cosa che fa festival, organizza orge in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, è un virus che rischia di essere la causa di morte nel paese della morale, se non un grande inizio di vomito nella coscienza degli italiani, prima della fine, riempiendo le vene di veleno per distruggere il cuore di una delle le culture più ricche in Europa.

I valori fondamentali della convivenza umana sono calpestati ogni giorno con i piedi viscidi di Berlusconi, che tra i suoi molti talenti ha la capacità di essere un funambolo delle parole, di invertire l'intenzione e il significato, come nel caso del Popolo della Libertà, che è il nome del partito per l’assalto al potere. L'ho chiamato “criminale” e questa cosa non mi dispiace. Per motivi di natura sociale e semantici che altri possono spiegare meglio di me, il termine reato, in Italia, ha una più forte carica negativa che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa.
Per tradurre in maniera chiara che cosa penso della “cosa Berlusconi” ho usato il termine nel senso che la lingua di Dante gli dà normalmente, anche se ho il dubbio che Dante l’abbia mai utilizzato. Criminalità nel mio portoghese, significa, secondo i dizionari e la pratica della comunicazione "atto di commettere reati, rompendo le leggi o le norme morali."
La definizione si basa su Berlusconi “cosa” senza una ruga, senza tensione, al punto da essere come una seconda pelle. Per anni, la cosa Berlusconi ha commesso crimini di gravità variabile. E se non bastasse, non solo disobbedisce alle leggi, ma, peggio ancora, fa fare leggi per salvaguardare i suoi interessi pubblici, privati di politico, d’uomo d'affari, di accompagnatore di bambini. E non vale la pena parlarne in termini di norme morali, poche persone nel mondo e in Italia non conoscono Berlusconi.
Questo è il Primo Ministro italiano, questa è la “cosa” che il popolo italiano ha eletto due volte per servire come modello, questa è la strada verso la rovina dove si stanno trascinando i valori di libertà e di dignità che hanno permeato la musica di Verdi e la politica di Garibaldi, quelli che hanno presentato l’Italia del XIX secolo, durante la lotta per l'unificazione. Una guida spirituale per l'Europa e per gli europei. Questo è quello che la “cosa” Berlusconi vuole buttare in un bidone dei rifiuti della storia. Gli italiani consentiranno questa fine?

sabato 6 giugno 2009

POCHE DONNE, NESSUN EXSTRACOMUNITARIO.


Donne. Si parla tanto di donne in politica, delle quote rosa che dovrebbero esserci e che invece non ci sono, si parla della politica al femminile, e alla resa dei conti, si scopre che le donne, in ambito politico sono sempre una piccola parte. Insomma, una specie di precari della politica.
A guardare le liste per queste elezioni amministrative, si scopre che dei 379 candidati al consiglio comunale, le donne inserite nelle liste sono solo 53, insomma, solo il 14 per cento del totale. Un numero veramente esiguo, ma in linea con tutte le precedenti tornate elettorali. Come a dire, si parla, si parla, ma alla fine, per le donne in politica, almeno a Sciacca, non cambia niente e non c’è spazio. Sembra che la politica, tranne rari casi, sia un fatto prettamente maschile.
La maglia nera va a due liste civiche che appoggiano il candidato Vito Bono. “La tua Sciacca” e “Democratici e liberi”, presentano in lista solo una donna. Insomma nella tua sciacca fatta di persone libere e amanti della democrazia, su 61 candidati, solo 2 solo donne.
Non scherzano nemmeno i popolari per Sciacca, del candidato Scaduto che hanno inserito nella lista solo due donne, mentre PDL, Forza Sciacca e alleanza azzurra, tre liste che appoggiano Mario Turturici, possono contare su un totale di 9 donne. Tre per ogni lista.
Chi può contare su un vero e proprio esercito di donne, è il dandidato dell’Italia dei valori Simone Lucchesi Palli. Nella sua lista, su 21 candidati ben 9 sono donne. Insomma, il 42 % dei candidati appartiene al gentil sesso.
Buon numero anche per Giuseppe Bono che presenta 7 donne in lista, 5 sono nella lista Democratici per Sciacca, 4 nell’MPA e nelle liste autonoma saccense, Impegno comune, e Sciacca al centro.
Sempre 4 è il numero delle candidate al consiglio comunale, inserite nella Lista Casini che presenta come candidato a sindaco Alfredo Ambrosetti.
Non sappiamo quante di queste donne saranno elette al consiglio comunale, ma di certo, ancora una volta, il numero sarà esiguo.
Una nota a margine. Nelle 14 liste, non risulta nessun extracomunitario. Nessuno degli emigrati che abita a Sciacca e che magari lavora in qualche bar o in campagna, si presenta come candidato a sostenere le ragioni di una comunità che, inutile nasconderlo, a Sciacca esiste ed è pure numerosa. E nessun gay dichiarato. Eppure ad Agrigento hanno creato il circolo arcigay. Sarebbe stato interessante avere, un rappresentante in consiglio comunale.